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 2016  marzo 01 Martedì calendario

Contro Ernesto Galli della Loggia (e il club per soli uomini del Corriere)

Nei club per soli uomini del Corriere della Sera si entra con passo felpato scansando il fumo dei sigari. Ecco all’improvviso emergere nella coltre la figura barbuta di Ernesto Galli della Loggia, storico e politologo dall’eloquio schiumogeno. Sta discettando del caso Panebianco che continua a scandalizzare l’Italia perbene: gli studenti dei collettivi, senza nemmeno la creanza di un “chiedo venia”, hanno interrotto per ben tre volte (l’ultima ieri) la lezione del professore all’Università di Bologna, contestandogli, disgraziati, l’editoriale “Noi in Libia saremo mai pronti?”, spargendo slogan e suoni di guerra. GdL non ci sta: “Dietro gli slogan dei suoi aggressori”, sussurra, “ci sono, oltre qualche probabile buona dose di frustrazione personale, la mancanza di moderazione, l’estremismo, ingredienti abituali della debolissima educazione democratica del nostro Paese”.
Ben detto. E che si può fare? GdL inforca il monocolo: vedete, “da noi a ogni stormir di fronda rispuntano ovunque… gruppetti di No Tav, frequentatori di centri sociali, ‘anarchici insurrezionalisti’, ‘bene comunisti’ radicali, ‘collettivi’ vari… pronti quando non a cose peggiori alle affermazioni più estreme e ingiuriose”. Che roba. Mancano solo i proletari. Non fosse persona elegante, GdL sputerebbe in terra.
Gli astanti azzardano: si potrebbero arrestare i no Tav, chiudere i centri sociali, impedire alla canaglia radicale di pronunciare ingiurie… Eh, fosse quello. “Ciò accade, io credo, perché da noi esiste un vasto brodo di cultura che, seppure involontariamente, nutre di continuo gli slogan più esasperati”. Ecco che era, il brodo, che – zitto zitto – passa dall’essere totem della borghesia al nutrire la suburra dei rivoltosi.
“È il brodo di cultura costituito dal conformismo fortissimo che caratterizza tutto il nostro discorso pubblico”. Ci faccia capire meglio: gli aggressori di Panebianco sono in fondo dei conformisti? Altroché: “La furibonda faziosità italiana è figlia innanzi tutto dell’unilateralità del Paese che pensa, che parla e che scrive”. Allora è facile: basta impedire al Paese di scrivere e di parlare previa lobotomia.
GdL mastica amaro: “Di solito il punto di vista che da noi passa per ‘democratico’ è un punto di vista povero di profondità storica”. Mio Dio, ma è terribile. Vuole dire che a forza di lasciare che i giovani si esprimano in nome della democrazia, poi quelli vengono a disturbare le nostre lectio magistralis? GdL sfila il monocolo: “A sostenere delle sciocchezze non è l’estremismo. Quasi sempre è il pensiero comune autorizzato”.
E allora basta non autorizzarlo, no? “Ciò che ci caratterizza è l’assenza del gusto e del piacere per la discussione”. Non ci stiamo capendo niente, professore. Non è che volevano discutere, quelle testecalde? Macché: “Parlo naturalmente di opinioni articolate, motivate con dati di fatto, frutto di conoscenza del mondo, di cultura, di esperienza”, tra una canasta e un cordiale.
Ma di che cianciano, i facinorosi? GdL batte il pugno sul tavolo: di “quali diritti e perché spettino a ogni individuo, su qualsiasi argomento”. Nientedimeno! “Sarà almeno qualche decennio che non si sente, dico per dire, un pubblico elogio della grammatica o della bocciatura nelle aule scolastiche… della fede religiosa o dell’eroismo militare”, dice GdL, outsider nella terra del Family Day, di Padre Pio e dei due marò.
E sul casus belli? “Si va ripetendo instancabilmente da decenni che all’Italia la guerra è interdetta a norma del testo della Costituzione (beninteso manipolato)”, quando si sa che anni fa i subdoli dei collettivi si sono introdotti nel luogo dove è custodita la Sacra Carta e muniti di bianchetto hanno deturpato l’art. 11 (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) cancellandovi la frase: “a meno che Panebianco non pensi che sia a rischio la sicurezza del Paese”. GdL ingolla un elisir di china e non si trattiene più: “È dato ascoltare… solo il punto di vista buonista democratico. Un punto di vista diverso, diciamo conservatore, è regolarmente assente”.
Alla buonora, era tempo che qualcuno difendesse il conservatorismo in questo Paese di forsennati. Quindi, ricapitolando: più democrazia, meno democrazia, più grammatica, più bocciature. Gli studenti si rechino nei club esclusivi del Corriere se proprio vogliono parlare, o diventino professori ordinari. Il punto di vista pseudo-democratico “predica sempre un vibrante rifiuto morale per tutto quanto sappia di disciplina e di autorità”. Ma dove siamo, nel Congo belga?, pensano i camerieri mentre portano i pasticcini, e come loro anche i cassintegrati del Sulcis, i malati di Taranto, i richiedenti asilo che scappano da quella guerra che i conformisti-estremisti, brandendo una Costituzione manipolata, pensa ancora di dover ripudiare.