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 2016  marzo 01 Martedì calendario

Il G20 dà il via libera alla Bce e la Bundesbank deve farsene una ragione

Il G20 di Shanghai non si è tradotto in impegni precisi anche per le differenziazioni esistenti tra alcuni Paesi – con particolare riferimento alla permanenza delle tesi rigoristiche della Germania – se si fa eccezione per la volontà diffusamente manifestata di non ricorrere a svalutazioni competitive, il timore delle quali riguardava soprattutto la politica cinese. Comunque, nonostante che il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble abbia insistito, a Shanghai, sui rischi di una politica monetaria accomodante, generalizzata è stata la valutazione dell’importanza di quest’ultima, anche se il rallentamento della crescita globale e nelle singole aree regionali è problema che non può essere affrontato e risolto con la sola leva monetaria. Di questa, però, è stata ribadita l’importanza. Insomma, il G20 cinese si è allineato ai vertici precedenti e ciò indubbiamente ha deluso; ma gli orientamenti espressi sulle politiche di rilancio interpellano la responsabilità delle diverse aree, non potendo, dunque, rimanere alla stregua di un saggio ben redatto, ma senza ricadute concrete. In particolare, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha messo in evidenza che, quanto al governo della moneta, non siamo affatto al capolinea e che la Bce potrà impiegare tutti i mezzi a sua disposizione, che non si sono certo esauriti, per adempiere al proprio mandato.
Nei giorni scorsi abbiamo letto le posizioni assunte da Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, sostanzialmente contrario alla prosecuzione (e, magari, all’accentuazione) di una politica economica accomodante, ma sostenitore della necessità di limitare l’investimento in titoli pubblici, da parte delle banche, al 25% del patrimonio delle stesse o, comunque, dell’attribuzione a tali titoli di un coefficiente di rischio. Su quest’ultimo punto, Mario Draghi ha risposto in maniera, per ora, esauriente, avendo chiesto prudenza e cautela nel prospettare ipotesi simili e affermando che, comunque, questo è un problema che andrà affrontato a livello globale e non solo europeo. Sarebbe bene che questo argomento fosse cancellato dall’agenda degli incontri istituzionali e, almeno per un po’ di tempo, non se ne parlasse più. Resta il fatto che il 10 marzo il Consiglio direttivo della Bce, chiamato ad assumere nuove misure, considerato il mancato disincaglio dell’inflazione da un livello assai vicino allo zero, non potrà non migliorare il tono espansivo della politica monetaria, alternativamente o congiuntamente, rafforzando il Qe, penalizzando ulteriormente i depositi, accettando le cartolarizzazioni delle sofferenze quali collaterali. Importante sarebbe, come altre volte abbiamo scritto, l’impiego di strumenti di Vigilanza bancaria per finalità monetarie. Adottare decisioni del genere è un dovere, un vincolo cogente per la Bce, avuto presente il suo mandato. Non farlo significherebbe tenere un comportamento illegittimo. Weidmann, per la rotazione nel voto che è stata prevista per i membri del Direttivo, il 10 marzo non voterà. Ma ciò non significa granché perché egli avrà comunque diritto di parola e quel che dirà è pur sempre l’opinione del capo della Bundesbank.
In ogni caso, quale che siano i pesi del confronto, un dato è certo: il 10 marzo il Consiglio non potrà non decidere alcunché e neppure deliberare misure all’acqua di rose. Ci si aspettano interventi efficaci, innanzitutto in ossequio al mandato, anche perché il mercato comincia a scontarli, sia pure solo in parte. I tempi che intercorrono tra una riunione e l’altra dell’organo in questione, troppo lunghi, fanno sì che certe misure, dopo annunci vari, siano scontate dagli operatori sicché, quando poi vengono adottate, hanno già una ridotta efficacia oppure deludono i mercati. È un problema, questo, su cui bisognerà riflettere. Ma, per il momento, potrà ritenersi accantonato se le scelte del Direttivo saranno efficaci.
Come si è detto a Shanghai, la politica monetaria non è tutto. Allora, se i confronti e, in generale, i discorsi che si svolgono in queste occasioni hanno un senso, la prima che è chiamata a dare una risposta sul piano delle altre politiche è l’Unione. Vedremo come risponderà la Commissione Ue: in particolare se, pur dopo quanto emerso nel G20, ci si appiattirà ancora una volta sulle posizioni rigoristiche della Germania, oppure se veramente si vorrà iniziare una svolta; se si insisterà in una visione riduttiva della flessibilità o si farà, invece, uno sforzo di realismo; se la golden rule per gli investimenti e l’emissione di eurobond per il finanziamento infrastrutture avranno finalmente dignità di proposta e di valutazione senza pregiudizi; se, insomma, la crescita diverrà effettivamente un obiettivo e non una illusoria conseguenza di una miope austerità.