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 2016  marzo 01 Martedì calendario

Ostinarci sulle diversità per essere tutti uguali. Nel peggior dei modi

L’articolo di Ezio Mauro su Repubblica di venerdì 26 febbraio «Il populismo d’Occidente che cancella i moderati» mi ha colpito per la passione che trasmetteva. Incastonato nella rubrica «Le idee», impaginazione nazional popolare, in contrasto con il linguaggio alto, un Pantheon fotografico della destra europea più becera, 6 fotografie 6 di leader, con una sintesi: «Ecco i gladiatori che semplificano i problemi complessi».
Questa locuzione mi ha convinto a farci un Cameo. La considero nemica fin dalla fine degli anni ’60, quando, se ricordo bene, un sociologo francese in un saggio scrisse: «A problemi complessi, soluzioni complesse». Allora mi colpì. Forse esagerando, mi sono convinto che la Sinistra abbia perso anni preziosi per inseguire un’affermazione suggestiva, stimolante, ma sostanzialmente falsa, dietro la quale si è nascosta una storica impotenza d’analisi e operativa dei suoi leader. Con questa locuzione ci sono campati gran parte delle élite sinistrorse, Bertinotti ci ha costruito la sua carriera politica, così Vendola, Boldrini, Cofferati, Camusso, e pure giornalisti, conduttori di talk show, ospiti, una volta la pronunciò persino una signora della claque.
Per un liberale come me è locuzione orrenda, le oppongo la mia: «Qualsiasi problema ha una soluzione». Questa mi ha guidato nella mia vita di manager e di uomo, e forse mai come in questa fase storica, i giovani dovrebbero farla propria, se vogliono far crescere il mondo in modo sano. L’analisi che fa Ezio Mauro delle varie Destre europee è la stessa che la Sinistra italiana ripete da quando arrivò Berlusconi con il suo geniale modulo di gioco politico, assimilabile al 4-4-2, poi miseramente fallito negli spogliatoi. E usa verso questi leader la stessa locuzione, però rovesciata, accusandoli di «proporre soluzioni semplici a problemi complessi». Si rammarica dello slittamento in essere che restringe l’area dei moderati, e giustamente ne individua il perché: la Grande Crisi. Ecco il punto, la Crisi, partita come fenomeno economico-finanziario, ha finito, dice Mauro, «per corrodere tutta l’impalcatura intellettuale, politica, istituzionale della democrazia materiale che ci eravamo costruiti nel dopoguerra per proteggere la nostra vita in comune». Non la si poteva esprimere meglio.
Ma come tutte le analisi della comunicazione politica non si pone però la domanda successiva: chi ha innescato la Grande Crisi del 2008? Per quelli che erano allora popolo, e lo sono tuttora, solo più poveri, la risposta è altrettanto ovvia: la Classe Dominante, al potere allora, così oggi. L’impalcatura che Ezio Mauro giustamente cita, è stata demolita da costoro, e sono gli stessi capi mastro che la stanno ricostruendo, con gli stessi materiali, senza accorgersi che ora però sono di risulta.
E i Moderati-Conservatori dove sono finiti? Semplicemente con i Riformisti, nei diversi Partiti della Nazione che ormai, piaccia o meno, dominano l’Occidente. L’alleanza PPE-PSE in Europa si declina in: Merkel-Gabriel in Germania, Hollande-Sarkozy in Francia, Renzi-Verdini (Berlusconi) in Italia, fra pochi mesi, Clinton-Rubio in Usa. Per questo, nel Pantheon delle foto di Repubblica non ci sono più moderati, non più conservatori, ormai sono diventati tutti esseri intellettualmente informi. Ezio Mauro, con la passione che lo distingue, si mostra preoccupato, lo si intuisce dalla frase finale: «Perché senza un vero conservatore non può esserci un vero riformista».
Il problema è che nel Partito della Nazione si fondono due culture antiche, dei progressisti e dei moderati/conservatori, un modello che, nel campo del business, i Marchionne chiamano «consolidamento». Modelli caratterizzati dalla flessibilità, puntano al gigantismo delle strutture, raccolgono indifferentemente «umido» e «secco», tanto, come dicono i francesi, tout se tient. Ma se i moderati-conservatori si sono uniti ai riformisti nel Partito della Nazione, che opzioni hanno quelli di destra e di sinistra che non vogliono sottostare al partito unico che sempre più fa il verso a un imbarazzante passato?
Per coerenza intellettuale si dovrebbe riconoscere che i politici che puntano al Partito della Nazione non fanno altro che «proporre soluzioni semplici a problemi complessi». Chiamare gli avversari di costoro, populisti, mi pare un linguaggio old fashion. Perché non tornare al saggio «qualsiasi problema ha una soluzione?» Ma allora nel Pantheon accanto alle foto dei «cattivi» dovrebbero esserci pure quelli del G7. Mi pare che ci siamo messi in un imbarazzante cul de sac. A forza di consolidare diversità, pur di stare al potere, stiamo diventando, in peggio, tutti uguali. Come si dice nel deserto, cammello e cammelliere finiscono per rassomigliarsi.