Libero, 1 marzo 2016
«L’unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni» ha scritto Eco
Dicono che presto o tardi dobbiamo morire tutti (allegria) e solo due scritti, in vita mia, mi sono suonati genialmente consolatori. Uno lo tralascio. L’altro è una rubrica di Umberto Eco sull’Espresso del 12 giugno 1997, e siccome Eco ora è morto, beh, la riassumo con parole mie. Testuale: «L’unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni». Cioè: il pensiero di accomiatarsi da un mondo ridondante persone meravigliose suona insopportabile: dunque l’idea di abbandonare questa valle di coglioni – politici sparaballe, scienziati che se la contano, giovinastri che s’ammassano, scrittorelli che sporcano pagine, gentaglia che distrugge il Pianeta – è l’unica consolazione purché giunga al momento giusto. Da giovani bisogna pensare che tutti siano migliori di noi, dalla mezz’età bisogna avere i primi dubbi, del crepuscolo dev’essere la progressiva certezza che niente da fare: sono proprio tutti dei coglioni, e corrono nella ruota della vita come dei criceti. Capirlo con tempismo è un’arte sottile, richiede studio e fatica, bisogna abbracciare lo scibile universale, selezionare pochi eletti sino a riconoscere, al momento giusto, che erano dei coglioni anche loro. Non prima: altrimenti perché varrebbe la pena di vivere? Ora: io lo trovo geniale, ma se fossi negli amici di Eco, quelli che ultimamente lui stimava e frequentava, gli amici che ora dicono che Eco sia morto soddisfatto, come dire, mi porrei qualche domanda.