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 2016  marzo 01 Martedì calendario

Andremo a sciare in Tibet

La Cina vuole trasformare il Tibet nel paradiso dello sci mondiale. Entro cinque anni il “Regno dei cieli” offrirà cabinovie, piste e hotel “vista Ottomila”. L’obiettivo è portare nel cuore dell’Himalaya la nuova classe media cinese: 600 milioni di persone, la metà residenti nel Nord del Paese, a cui si aggiungeranno coreani, russi e giapponesi. In qualsiasi altro luogo del pianeta, l’idea di mettere gli sci ai piedi dei cinesi e di spedirli tra le cime più alte della terra sarebbe una follia. In Asia no e la ragione non va cercata solo nel mix tra business e autoritarismo che a Pechino abolisce l’impossibile.
Oggi in Cina quasi nessuno scia, ai figli unici dei nuovi milionari basta postare sul web foto in abbigliamento invernale dalle terrazze dei rifugi svizzeri. In Tibet gli sport bianchi sono ignoti. A sconvolgere ogni equilibrio è però il clima, sempre più caldo e umido anche nel versante nord della catena himalayana. Gli altipiani interni delle regioni del Tibet storico, un tempo gelidi e segnati da inverni secchi, con lo scioglimento dei ghiacciai somigliano ormai ai temperati massicci occidentali e vengono sommersi di neve. Freddo e fiocchi, fino a inverno inoltrato, sono ciò che scarseggia nel resto del mondo, dove la quota neve si alza sempre di più, dalle Alpi europee alle Montagne Rocciose degli Usa. La regione più mistica del buddismo si scopre così coperta d’oro e l’Himalaya delle spedizioni estreme irrompe nel mercato dello sci di massa.
Il Tibet vanta cinque cime oltre Ottomila, oltre settanta sopra i Settemila, non meno di mille oltre i Seimila e la quota media è di 4500 metri. Un oceano di ghiaccio e di polverosa neve naturale, fino a oggi salvato dallo scontro politico- religioso Lhasa-Pechino e riservato, nelle stagioni adatte, ad alpinisti e trekker. La fame di neve dell’industria globale del turismo, decisa a funzionare tutto l’anno, individua così nell’Himalaya la nuova frontiera di quello che già viene promosso come “lo ski resort del secolo”. L’accordo per sciare ai piedi di Everest, Lhotse e Makalu, o per fare il giro del sacro Kailash con sci da fondo e racchette, è stato firmato tra il municipio di Lhasa e la regione cinese dello Heilongjiang, che garantirà investimenti miliardari.
Negli Anni Duemila ogni anno sceglievano il Tibet 300mila turisti, esplosi a 15 milioni lo scorso anno. Grazie allo sci, entro il 2020 le autorità di Pechino contano di sfondare i 30 milioni. «Lhasa diventerà la nuova St. Moritz del secolo – assicura il capo delle guide tibetane Nyima Tsering – e Tingri prenderà il posto di Zermatt. Sciare tra le vette più famose del mondo e i monasteri più straordinari dell’Asia sarà un richiamo irresistibile». Sul Tibet, già ridotto a un “Buddha-show made in China”, incombe così l’impatto di un mega luna park himalayano in offerta anche per gli sciatori occidentali a corto di materia prima.
Cinque in due anni gli hotel a cinque stelle già inaugurati, sei i nuovi aeroporti d’alta quota: treni-missile attraverseranno il permafrost, l’asfalto raggiungerà il campo base dell’Everest e gli elicotteri trasporteranno i free-rider a Cinquemila metri. Per Pechino, che nel 1959 ha costretto il Dalai Lama a fuggire dal Tibet occupato da Mao, il progetto-neve è cruciale. Nel 2022 la capitale ospiterà le Olimpiadi invernali, pur non vedendo quasi mai un fiocco. Le gare si terranno tra i monti Yanqing, 200 chilometri a nord, sullo sfondo della Grande Muraglia. Anche qui, neve e sciatori prossimi a zero. I Giochi aprono però a industrie e sponsor il mercato immenso dell’Asia, con la sudcoreana Pyeongchang sede olimpica 2018 e la giapponese Nagano in corsa per il 2026. Centinaia di milioni di nuovi consumatori avranno bisogno di attrezzature, alloggi e impianti di risalita.
Il Tibet, da culla di pastori di yak e monaci, deve dunque trasformarsi subito in fucina di campioni e meta per sciatori di massa. Per Pechino il primo traguardo è portare un tibetano in gara nella libera olimpica 2022. Meno nazionalismo e qualche problema in più per il secondo obbiettivo: sostituire le vecchie piste di Europa e Usa con i lussuosi ski-resort dell’Himalaya. Ammesso che le repressioni cinesi consentano di tenere aperta la regione agli stranieri, oltre quota Quattromila acclimatarsi può bruciare la settimana bianca: e sciare con l’ossigeno non è un pacchetto a misura di famiglia.