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 2016  marzo 01 Martedì calendario

Perché la discesa dei prezzi non è un bene

La deflazione è il contrario dell’inflazione. È quella difficile situazione nella quale i prezzi non salgono anzi scendono. Normalmente la si associa alle crisi. Quando si preferisce risparmiare piuttosto che spendere o investire. Gli storici dell’economia sono pronti a dividersi sul fatto che la deflazione sia stata sempre un male o abbia prodotto anche effetti positivi (in fondo avere beni che costano meno fa star meglio le nostre tasche). Ma la verità è che l’indice dei prezzi a febbraio in discesa dello 0,3% rispetto allo stesso mese del 2015 per l’Italia è un gran brutto segnale.
Prezzi in discesa significa avere aspettative di decrescita. E quindi spinta a rinviare da parte delle imprese gli investimenti; da parte dei cittadini acquisti che potrebbero essere domani meno onerosi. Ma quello che deve preoccuparci è il debito e quindi i conti pubblici. Quando i prezzi salgono, il valore reale dell’ammontare dell’indebitamento è destinato a scendere. Il perché è abbastanza intuitivo: se si chiede un prestito oggi e nei prossimi anni l’inflazione dovesse salire, è presumibile che anche i salari possano crescere. E questo renderebbe più facile la restituzione del debito. Fate il ragionamento al contrario ed ecco che il prestito richiesto diventa immediatamente più pesante. Le cose sono un po’ più complicate, certo, ma di sicuro gli effetti sono quelli. Tanto più che per quanto riguarda i conti pubblici del nostro Paese, questi sono legati a parametri europei come il rapporto tra debito e prodotto interno lordo (Pil). Per la prima volta da anni, nel 2016 sarebbe dovuto scendere. Nei calcoli del governo si poneva la crescita del Pil (reale) all’1,6% al quale aggiungere l’inflazione per arrivare così a un 2,6% (nominali). Questo avrebbe dovuto permettere la discesa del rapporto dal 132,8% del 2015 al 131,4% di quest’anno. Il Pil però probabilmente crescerà meno di quell’1,6%, se poi avremo prezzi in caduta è chiaro che difficilmente riusciremo a rispettare la promessa fatta agli italiani e all’Europa. E a sostenere un debito pari a 2.172 miliardi. Tutto questo fa pendere la bilancia dalla parte degli studiosi che ritengono (a partire da un signore di nome John Maynard Keynes) che l’inflazione nel gioco delle aspettative abbia effetti negativi ma, in determinate condizioni, anche lati positivi; cosa che la deflazione non ha mai. Una volta di più questo dovrebbe spingerci ad aggredire quel debito pubblico che sempre più è la nostra vera pietra al collo.