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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

È ripartita la corsa all’oro

«L’ipotesi di tassi negativi non è da escludere». Con questa semplice dichiarazione, fatta l’11 febbraio scorso, il presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, ha restituito (dopo anni) lo status di bene rifugio all’oro. È stato, infatti, il cambiamento delle aspettative riguardanti la politica monetaria della banca centrale americana a confermare definitivamente agli operatori che le tensioni sui mercati finanziari non erano finite.
Soltanto nel dicembre 2015, le forward guidance della Fed, diramate contestualmente alla prima stretta monetaria dopo cinque anni di tassi a zero, indicavano che il costo del denaro Usa sarebbe dovuto arrivare all’1,5% entro la fine del 2016. In base a queste previsioni, gli operatori avevano stimato almeno quattro rialzi di tasso durante il corso dell’anno, per realizzare quello che doveva essere un graduale decollo. Ma la debole crescita cinese e le tensioni sul petrolio hanno rovinato i piano. E allora tutti sotto coperta e via dal rischio anche attraverso la riscoperta del lingotto, miglior asset del 2016 con un +16% alle spalle solo del future sul maiale magro (vedere tabella a pagina 11). A dire la verità molti operatori istituzionali e retail si erano già accorti nel mese di gennaio che qualcosa non andava, e avevano cominciato a coprire i propri portafogli con l’acquisto di prodotti finanziari legati all’oro, come testimonia il notevole incremento di denaro affluito sui più grandi Etp (Exchange Trade Product) del mondo con sottostante l’oro fisico.
In particolare, bisogna evidenziare la performance del numero uno tra questi, Spdr Gold Shares, che ha registrato un impressionante incremento degli acquisti d’oro vero, alla base del sottostante del prodotto finanziario (più denaro affluisce, più l’Etp acquista oro fisico per bilanciare i nuovi capitali entrati). Al 31 dicembre 2015, l’Spdr Gold Shares (vedere anche servizio a pagina 13) aveva in cassa 642,4 tonnellate di metallo giallo, mentre solo un mese dopo l’Etp presentava un aumento di 27 tonnellate d’oro arrivando a raggiungere l’ammontare totale di 669,2 tonnellate. La crescita, tuttavia, non si è ancora arrestata e, a oggi, lo strumento finanziario conta circa 720 tonnellate d’oro usato come collaterale. Da segnalare che proprio la fuoriuscita d’oro dal settore degli Etp fu una delle principali cause del crollo delle quotazioni nel 2013 con un deflusso di 880 tonnellate e un calo delle quotazioni del 28% su base annua.
Altro fattore da non sottovalutare, sono gli acquisti provenienti dalle banche centrali che, secondo l’ultimo report del World Gold Council, hanno raggiunto nel 2015 le 590 tonnellate in aumento dell’1% su base annua.
Grazie ai numerosi acquisti da parte degli operatori, la preziosa commodity, come detto, si è rivelata la più performante nel settore da inizio anno, con un incremento di circa il 16% (realizzando il miglior inizio anno degli ultimi 35 anni) e andando a chiudere la scorsa settimana passato intorno i 1.220 dollari l’oncia.
A un anno data la crescita dei prezzi dell’oro è di solo lo 0,2%, mentre la performance degli ultimi tre anni risulta ancora ampiamente negativa del 24% circa, a testimoniare che c’è ancora molta strada da fare prima di recuperare i massimi relativi del 2012 a 1.800 dollari l’oncia).
Dunque potrebbe essere il momento migliore per acquisti in oro? Sì ma non subito perché occorre prima smaltire gli eccessi da rally. Tecnicamente, il corso dell’oro si trova ancora all’interno di un canale ribassista in essere da metà 2013. L’ultimo mese e mezzo di crescita delle quotazioni non ha fatto altro che riportare le quotazioni del metallo dal limite inferiore del canale (1.049 dollari) a quello superiore (1.250 dollari), senza però avere la forza di romperlo al rialzo. Per le prossime sedute è previsto un ritorno delle quotazioni a ridosso di area 1180 dollari l’oncia, dove gravita un supporto di brevissimo periodo formato da una serie di massimi e minimi relativi precedenti. Se questa configurazione dovesse realizzarsi, potrebbe essere proprio quello il momento più interessante per salire sul carro del metallo giallo, con ovviamente le dovute sicurezze rappresentate dall’inserimento degli stop loss. Una tendenza rialzista solida, si potrà però avere solo dopo la rottura (al rialzo) del canale ribassista, che proietterebbe le quotazioni verso un primo target a 1.350 dollari l’oncia per poi mettere nel mirino quota 1.400 dollari, il vero target degli operatori sul breve periodo (sul lungo si parla già di 1800 dollari). Per contro una tendenza ribassista solida potrebbe arrivare solo con una discesa al di sotto di 1.180 dollari l’oncia, che aprirebbe la strada per un ritorno su quota 1.110 dollari l’oncia in primis e 1.050 dollari in seconda battuta.
L’unico metallo in grado di tenere testa all’oro è lo zinco che ha registrato un aumento delle proprie quotazioni del 10% dall’inizio del 2016, ma del 20% da metà gennaio a questa parte. Anche questa commodity, come praticamente tutte le altre, è ampiamente servita da strumenti finanziari alla portata di tutte le tasche (come gli Etf). Il metallo, spesso e volentieri bistrattato dagli operatori meno accorti, sembra già all’interno di un mercato toro abbastanza solido, a causa dei suoi fondamentali. Secondo le prime stime, infatti, quest’anno ci dovrebbe essere un deficit di produzione abbastanza marcato, nell’ordine delle 450 mila tonnellate. Se il calo di produzione sarà confermato ci potremmo trovare davanti al peggior deficit degli ultimi dieci anni. La quotazione attuale dello zinco gravita intorno ai 1.756 dollari la tonnellata e, nonostante abbia corso tanto nell’ultimo periodo, nel caso riesca a superare la resistenza più vicina a 1.780 dollari potrebbe arrivare sul massimo del 12 ottobre scorso a 1.870 dollari la tonnellata.
Curiosa situazione invece sull’argento, che arranca rispetto all’oro malgrado storicamente abbia sempre viaggiato di pari passo. Dall’inizio dell’anno ha guadagnato solo il 9% attestandosi a ridosso di 14,7 dollari l’oncia. Nel corso degli ultimi tre anni le quotazioni dell’argento sono calate di circa il 50%. Nelle prossime sedute non è escluso che l’argento possa tornare sui 14,50 dollari per poi però ripartire al rialzo verso la resistenza dei 16 dollari l’oncia.
Guadagna solo il 4% da inizio anno il platino, su cui hanno pesato l’eccesso di scorte presenti nel mercato. La materia prima non è stata assorbita come negli anni passati a causa delle basse vendite di auto e della minore domanda di gioielleria arrivata da Cina e India. In ultimo, completamente scorrelato rispetto gli altri metalli l’andamento del palladio, che da inizio anno ha perso circa il 14% diventando la peggior commodity in termini di performance dopo il natural gas e l’avena. Il palladio ha patito enormemente della situazione Volkswagen.