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 2016  febbraio 28 Domenica calendario

Michael Connelly racconta quando e perché ha deciso di fare lo scrittore di gialli

Non sono mai stato un bravo studente. Ero svogliato e, se allora fosse esistita una definizione del genere, il mio comportamento sarebbe stato diagnosticato come sindrome da deficit di attenzione. Spesso marinavo la scuola o arrivavo in ritardo alle lezioni. Preferivo leggere i romanzi polizieschi di Chandler e Hammett che i classici di autori come Melville e Joyce, così come preferivo guardare i film noir piuttosto che fare i compiti.
Quando cominciai a frequentare l’università della Florida me la cavai per il rotto della cuffia. Fui sospeso, reintegrato, posto in libertà vigilata. Capitava solo di rado che un argomento trattato in uno dei corsi mi facesse alzare la testa e catturasse la mia attenzione. Una delle rare volte in cui questo accadde fu durante un corso di studi umanistici a cui mi ero iscritto solo perché pareva estremamente facile, tanto da farmi pensare che sarei riuscito a ottenere quel voto alto che avrebbe potuto migliorare la mia media scadente, evitandomi di essere buttato fuori.
L’argomento era il Rinascimento italiano, con un focus particolare su Michelangelo e gli straordinari risultati che l’artista aveva ottenuto sia nella pittura che nella scultura prima dei trent’anni. Il suo lavoro celebrava la bellezza e la meraviglia della vita e della fede. Michelangelo è stato il faro che ha illuminato il periodo tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo a Firenze e a Roma. La sua opera è stata caratterizzata da forme umane eroiche, uomini e donne dai corpi perfetti che si schieravano coraggiosamente contro il male.
Per contrasto, ci disse il professore, nel Nord Europa il clima culturale era diverso. La visione del mondo era più buia. Nel periodo in cui Michelangelo scolpiva il David, forse la sua opera più bella e duratura, un pittore fiammingo di nome Hieronymus Bosch creava un trittico dallo stile inconfondibile, Il giardino delle delizie, che avrebbe lasciato un segno importante nel mondo dell’arte.
L’opera di Bosch esprimeva il caos e l’oscurità: le conseguenze del peccato, la perdita della grazia, le sofferenze che patiscono gli uomini in questa vita e nell’aldilà.
Quando il professore iniziò a proiettare alcune diapositive delle opere di Bosch sullo schermo della classe, mi raddrizzai, improvvisamente attento. Ehi, aspetta un attimo, e questo cos’è?, pensai, decisamente catturato. Mi chiesi quale animo perverso avesse creato quelle immagini terribili, quelle diaboliche torture. Quali pensieri si erano inseguiti nella mente dell’artista per dare origine a quelle immagini?
Il contrasto tra i portatori di luce e chi invece rappresentava l’oscurità mi sarebbe rimasto impresso. Ai miei occhi riguardava le scelte che facciamo e i sentieri che decidiamo di percorrere. Il mondo di Michelangelo celebrava la luce, in quello di Bosch la luce era sparita.

Il desiderio di diventare un narratore nacque più o meno contemporaneamente alla mia fascinazione per Hieronymus Bosch. Decisi che volevo fare lo scrittore e che quello di cui volevo parlare era proprio quel contrasto tra luce e buio. Più precisamente, volevo scrivere il tipo di storie che amavo leggere. I romanzi polizieschi, i thriller. Storie di uomini che si calano negli abissi della depravazione e dell’abbruttimento, che danno la caccia agli assassini e ai torturatori, che sanno trovare la luce smarrita nell’oscurità.
Il problema era come arrivarci. Non avevo alcuna esperienza del mondo del crimine e di chi lo contrasta, tranne per un’unica notte passata in una stazione di polizia in quanto testimone marginale di un reato. Avevo visto un uomo nascondere una pistola. Se volevo scrivere del lato oscuro dell’umanità, dovevo trovare il modo di conoscerlo.
Pensai che forse l’unico sistema era quello di ottenere un accredito stampa e quindi, dopo sei anni di college, mi laureai in giornalismo e iniziai a occuparmi di cronaca nera. Nei dieci anni successivi scrissi di poliziotti, di killer, di vittime. Mi occupai di ogni tipo di crimine, dai serial killer che agivano spostandosi da un luogo all’altro, alle guerre tra bande per la droga, ai più atroci delitti passionali. Scrissi di omicidi commessi in due zone dove la violenza sembrava all’ordine del giorno ma era spesso caratterizzata da aspetti insoliti: la Florida meridionale e il Sud della California. Se un omicidio aveva qualche elemento di bizzarria, era sempre lì che veniva commesso.

Il bagaglio di esperienza che conquistai servì a prepararmi per l’obiettivo che mi ero prefissato: quello di scrivere romanzi polizieschi. Raggiunti i trent’anni mi sentii pronto a raccogliere la sfida. Ne scrissi due e li buttai. Non erano all’altezza di essere pubblicati, ma il secondo era meglio del primo ed era questo che contava. Stavo imparando.
Con il terzo avvenne la magia. Allora vivevo a Los Angeles e decisi che la qualità più importante del mio protagonista doveva essere quella di saper interpretare alla perfezione una scena del crimine. Sarebbe arrivato sul luogo dove era stata sottratta una vita e non solo avrebbe capito quello che era successo, ma avrebbe trovato in sé la determinazione e la rabbia per impegnarsi in una caccia senza tregua al colpevole.
Riflettei a lungo su come chiamare il mio detective. Il nome era importante perché era come una finestra aperta sulla sua anima. Non solo, ma doveva indicare chiaramente che era un portatore di luce in un mondo di tenebre.
A un tratto tornai con la memoria agli anni del college e alla classe dove avevo visto proiettate sullo schermo quelle immagini di caos e di sventura. Dopo tutto, che cos’è una scena del crimine se non la raffigurazione immobile di una violenza ormai passata, la conseguenza di un mondo impazzito, dove, nella battaglia tra il bene e il male ha vinto il male? Ci vuole un uomo buono e giusto per capire il male. Ci vuole un uomo coraggioso per sfidare gli abissi e portare la luce nell’oscurità.
A quel punto capii come si sarebbe chiamato il mio detective. Si sarebbe chiamato Hieronymus Bosch.
(traduzione di Mariagiulia Castagnone)