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 2016  febbraio 29 Lunedì calendario

La grandi città perdono abitanti

Cohousing, ecovillaggio, albergo diffuso, reddito di insediamento. Sono tutte parole nate da un desiderio di vita più «piccola», più condivisa, più sana, un’immersione nella natura, unita all’idea di far rivivere borghi dimenticati e antiche cascine. Un desiderio che parte soprattutto dalle grandi città, Roma per prima. Sono stati anni difficili per la Capitale. Gli anni in cui si sono sgretolati il «mondo di mezzo» che governava gli appalti, il sistema dei trasporti, l’asfalto. C’è un impulso di fuga dalle città, sempre più in preda delle polveri sottili, che sta crescendo tra i cittadini delle metropoli.
Secondo l’Istat il trasferimento dai grandi centri urbani è in leggera frenata nell’ultimo anno, ma il primo quindicennio del millennio è stato segnato da una indubbia de-urbanizzazione. Il problema, negli ultimi tempi, è che spesso il desiderio di fuga dalla città non si coniuga con un lavoro sicuro lontano dai centri urbani. Prima di trasferirsi, molte giovani coppie si arrendono di fronte alla mancanza di un impiego. Secondo una ricerca del Censis con Rur (Rete urbana delle rappresentanze), a Roma quasi la metà dei cittadini, il 41%, vorrebbe lasciare la Capitale. Una percentuale che sale addirittura al 67% per i giovani tra i 18 e i 29 anni. Tra gli adulti, il 29% ha risposto che lascerebbe la città eterna per godere di servizi migliori e di una più soddisfacente qualità della vita legata a minori spese.
Sempre secondo uno studio Censis, Milano ha perso dagli anni ’90 il 3,3% degli abitanti, mentre sono aumentati del 13,2% nei paesi della provincia. Il mercato immobiliare è venuto incontro a questa esigenza di risparmio e di un contatto vitale con la campagna: sono stati ricreati piccoli borghi, come Borgo dei Fiori a San Bovio, una frazione di Peschiera Borromeo. Non è più un semplice esodo verso l’hinterland per motivi economici, ma la ricerca di beni concreti a partire dal cibo che si porta in tavola, un rifugio rustico ma anche interiore, come lo pensava il poeta latino Orazio per salvarsi dall’arena di Roma.
Nei primi sei mesi del 2015 Palermo ha perso 6.072 residenti, tutti molto giovani: l’età media è 35 anni. Solo una parte ha lasciato la Sicilia o è andato all’estero: il 42,3% si è semplicemente trasferito in uno dei Comuni della provincia. Ma si tratta ancora di flussi esigui, non sufficienti a non far morire molti paesi a rischio estinzione: sono cento solo in Basilicata. In molti casi si tratta di borghi anticamente costruiti in zone dal sottosuolo ricco, sfruttato e poi abbandonato. In Parlamento sono depositate cinque proposte di legge per la valorizzazione dei Comuni al di sotto dei 5mila abitanti: il disegno più specifico, a firma della democratica Romina Mura, giace però ancora nei cassetti. Si prevede l’introduzione di un «reddito di insediamento» per i piccoli borghi (fino a 3mila abitanti), sia con agevolazioni sia con trasferimenti economici diretti per un anno, rinnovabili fino a tre anni. Il bonus è legato al reddito di chi fa domanda, disoccupati per primi. Il problema è proprio crearsi un lavoro in paesi quasi fantasma. Per questo chi fa il passo di scappare dalla città cerca spesso qualcuno con cui condividere rischi e piaceri. Internet è lo strumento con cui molti pionieri cercano persone con cui coabitare. Un gruppo di fuggitivi della città marchigiani convoca per esempio co-housers che si vogliano trasferire sulle colline di Cupra Marittima, possibilmente apicoltori.