Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 29 Lunedì calendario

Anche il brunch è tramontato

«Povero Brunch». Il volantino con questo titolo è sul bancone del bar. Raffigura un uovo alla coque con grattugiati sopra pezzi di tartufo. Stanco del solito brunch? Passa al pranzo della domenica da noi con un menù in pieno stile», così recita la pubblicità del locale. Anche il brunch è tramontato, e non solo a Milano che del pasto intermedio tra mattina e mezzodì è stata la capitale, ma in tutta Italia.
La parola «brunch» è la fusione di «br(eakfast)», prima colazione, e (l)unch, pranzo. Entrata in circolazione nel 1965, anno della sua diffusione in Gran Bretagna e in America, costituisce un pasto della tarda mattinata che unisce colazione e pranzo. Si è imposto poi con la gentrificazione delle città in Europa, come negli Stati Uniti. Ci si alza tardi domenica mattina, momento in cui si dorme finalmente a lungo, si esce con la famiglia, o con gli amici stretti, e si va a fare un unico pasto. La qualità del brunch consiste nel fondere il dolce con il salato: bacon, uova, prosciutto, con pasticceria e frutta; ma anche carni fredde e pesce affumicato (salmone e aringa) e insalate di verdura. Il dépliant pubblicitario sottolinea come sia possibile fare un pranzo completo, ma con «il ritmo rilassato della domenica», che è poi il vero ingrediente invisibile del brunch, dove è fondamentale servirsi a un buffet senza camerieri intorno, senza l’attesa della comanda e l’arrivo dei piatti che tiene irrimediabilmente seduti al desco. Ci si alza, si pilucca, si riempiono i piatti, si commenta. Perché non è più di moda il brunch? Perché c’è la crisi economica, prima di tutto, e perciò si mangia meno la domenica in bar e locali; perché la classe media in ascesa, nata con start-up, informatica e digitale, non è più tale, e ha subito una battuta d’arresto anche nei costumi; perché il modello hipster, che si è affermato nei locali trendy di Milano e dintorni, non è compatibile con il pranzo domenicale del brunch, che è per sua natura famigliare o aggregativo.
L’hipster è tendenzialmente un solitario che vive in mezzo ad altri solitari scambiandosi occhiate mentre digita sulla sua tastiera navigando grazie al wi-fi del locale; il pasto del mattino è invece un rito collettivo per la famiglia, quella composta dai consanguinei e quella allargata degli amici del cuore, la banda dei quarantenni con prole al seguito. Il locale dove ho trovato la pubblicità offre al posto del brunch tre antipasti, un primo a scelta, un secondo e il dessert con l’immancabile zenzero. Solo 30 euro, bevande escluse. Niente di nuovo sopra il tavolo.