Corriere della Sera, 29 febbraio 2016
Adozioni, in mancanza di una legge decidono i giudici
«Che una coppia omosessuale si sposi all’estero o attenda di unirsi civilmente in Italia, quando la legge passerà anche alla Camera, riguardo ai bambini non cambia nulla», dice Mario Zevola, presidente da 8 anni del Tribunale per i Minori di Milano. Per il giudice è ancora «troppo presto» per dire se le unioni civili possano aprire nuovi scenari e «legittimare» sentenze di riconoscimento, simili a quelle che sono state emesse a Milano, a Roma e in altre città: «Bisogna aspettare. Sì, le unioni civili potrebbero modificare la giurisprudenza, il giudice potrebbe considerare che l’unione civile ha maggiore “forza” rispetto a una convivenza. Ma è sempre e soltanto la tutela dell’interesse del bambino la priorità. Al momento non vedo scenari di questo tipo». Considerato che l’adozione non può essere richiesta, quale strada sarebbe allora percorribile? «Non è che non si possa chiedere l’adozione, a priori. Ma certamente, come tutti sappiamo, in Italia l’adozione da parte di una coppia di omosessuali non è consentita. Con le attuali norme resta tutto così com’è». Il maxi emendamento del governo, all’articolo 20, stabilisce che i giudici potranno continuare ad avvalersi della normativa attuale. Per il presidente del Tribunale per i minori di Milano non si tratta di una timida apertura alle sentenze di riconoscimento già ottenute in Italia: «Io vedo solo che la questione è stata rimessa nelle mani dei giudici, dei tribunali, come è stato finora». Una coppia omosessuale – come Vendola e il suo compagno – che volesse adottare il bambino in Italia non potrebbe ma l’ultima parola potrebbe arrivare dalla Corte d’Appello o dal Tribunale per i minori, spiega Zevola: «Con le leggi attuali si può adottare il bambino all’estero, dove questo è consentito, poi in Italia si chiede il riconoscimento della sentenza straniera. In questo caso decide la Corte d’Appello. Si potrebbe anche chiedere l’adozione del bambino, seguendo la legge sulle adozioni, e in quest’altro caso ci si rivolge al Tribunale per i minori». Con quali conseguenze è presto detto, conclude il giudice: «In mancanza di una normativa, decidono i giudici e sempre avendo presente che il riconoscimento deve rispondere all’interesse del bambino. Ma attenzione, la giurisprudenza non è univoca e non è consolidata, non tutte le sentenze sono favorevoli. Sarebbe auspicabile l’intervento del legislatore».