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 2016  febbraio 28 Domenica calendario

Non sono Oscar per neri

Ormai è una questione di ore. E mentre l’industria degli esperti che vive di pronostici e che gestisce le costose campagne per arrivare all’Oscar prenderà fiato fino al prossimo settembre, i vertici dell’Academy e i produttori dello show in onda (per l’Italia) stanotte hanno altre preoccupazioni. 
Le proteste, prima di tutto. Non tanto la dimensione delle folle che accorreranno sull’Hollywood Boulevard sotto la guida del reverendo Al Sharpton, ma il problema di quanti risponderanno al «White Oscars Tune-Out», cioè all’invito di boicottare lo show televisivo in segno di protesta perché la Academy, per il secondo anno di seguito, ha mancato di candidare attori di colore, o latini. 
Will Smith, che sperava in una nomination per Concussion, la moglie Jada e Spike Lee sono alla guida del movimento contro gli «Oscar bianchi» e hanno chiesto agli afro-americani che andranno alla cerimonia di indossare fasce nere in segno di protesta per la mancanza di diversità. Eva Longoria ha invitato i latini a fare altrettanto, esibendo fasce marroni. 
Il calo degli ascolti
Ma il vero problema sono le persone a casa, quelle che lo show lo guardano in televisione e che risponderanno all’invito di boicottaggio. Già l’anno scorso gli Oscar hanno perso il 20 per cento dei loro spettatori neri, un fattore che ha contribuito a una caduta negli indici di ascolto del 15 per cento. Un danno di immagine. E anche economico, una questione di botteghino, di cachet, di pubblicità. E ora, proprio mentre si trova alla vigilia del rinnovo di un contratto a lungo termine con la rete Abc che deve servire a coprire le sue spese e la costruzione di un nuovo museo che col passare dei mesi diventa sempre più costoso, l’Academy non può permettersi un altro tonfo.
Tutto questo mette in una situazione particolarmente difficile e delicata Chris Rock, l’attore comico che dopo undici anni torna nel ruolo di presentatore e maestro di cerimonia. Già, perché Rock è afroamericano. E in qualsiasi modo affronterà la controversia, avrà chi lo criticherà per avere detto troppo e chi per aver detto troppo poco, per avere usato un tono troppo leggero o troppo pesante. «Normalmente gli Oscar sono solo gli Oscar – sostiene Todd Boyd, professore di Cinema e Media alla University of Southern California -. Ma quest’anno si ritrovano a rappresentare un dibattito più ampio sulla razza». 
E, per restare in tema polemiche, sulla violenza sessuale. Perché la candidatura come miglior canzone a Til It Happens To You, cantata da Lady Gaga nel documentario The Hunting Ground sulla violenza nei campus universitari, porterà alla luce anche questo problema. A dare maggiore peso al tutto sarà Joe Biden, il vice di Obama, che presenterà l’estrosa cantante di origini italiane.