Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 28 Domenica calendario

Un ricordo del conte Guido Piovene

Lei ha scritto (giustamente) che Guido Piovene è stato uno dei maggiori scrittori italiani. Peccato che ormai sia quasi dimenticato! Poiché, se non ricordo male, anche lei ha origini vicentine, ha avuto modo di conoscerlo?  
Chiara Stefani
Vicenza
A proposito di Piovene, ricordato nella sua risposta sul processo Kravcenko, alle opere del grande scrittore da lei citate mi permetto di aggiungere «Viaggio in Italia». Scritto in oltre 3 anni di viaggio dal Nord del Paese fino a Pantelleria, tuttora, dopo 60 anni, è di piacevole e istruttiva lettura.  
Gabriele Barabino
info@puntocopia-tortona.it

Cari lettori, 
Ho conosciuto il conte Piovene nel salotto parigino del conte Giacomo Antonini, poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ho usato i loro titoli nobiliari perché erano una parte inscindibile della loro personalità. Avevano molti tratti comuni. Erano entrambi veneti, scrittori, viaggiatori, eccellenti conoscitori della cultura francese. La conversazione, a cui partecipavano alcuni scrittori francesi, cadde spesso sugli intellettuali che avevano collaborato, in una forma o nell’altra, con il regime di Vichy e stavano uscendo alla spicciolata dal purgatorio in cui erano stati confinati per un paio d’anni dopo la liberazione della Francia. Piovene e Antonini ascoltavano, commentavano, sorridevano e vedevano probabilmente nel racconto di quelle peregrinazioni politiche il riflesso delle loro personali vicende.  
Fra i due conti vi era tuttavia una differenza. Antonini era veneziano, quindi discendente di una aristocrazia più laica e disincantata di quella del retroterra veneto. Piovene era vicentino, nato e cresciuto in una città dove l’aristocrazia era molto vicina alla Chiesa e al suo clero, ma non rinunciava a osservarne i precetti con una certa licenziosa duttilità e, come nel caso di Antonio Fogazzaro, con qualche inclinazione al modernismo. Non è sorprendente quindi che il piccolo Guido cominciasse i suoi studi nel collegio dei Barnabiti di Lodi e li terminasse con una laurea in Filosofia nella Università del Sacro Cuore che padre Agostino Gemelli aveva fondato a Milano nel 1921. Ma voleva scrivere e divenne giornalista, prima come collaboratore di giornali e riviste (L’Ambrosiano, Pegaso, Pan ), poi come corrispondente e inviato speciale del Corriere della Sera e della Stampa di Torino.  Fu evidente, sin dall’inizio della sua vita professionale, che aveva due talenti. Poteva essere un eccellente ed elegante descrittore di luoghi e costumi, ma poteva anche viaggiare nella mente dei suoi personaggi, scoprendone i pensieri segreti, i vizi nascosti, le frustrazioni e le ipocrisie. Il personaggio a cui deve la sua prima fama letteraria è una novizia che vuole lasciare il convento e che affida la confessione dei suo stati d’animo alla corrispondenza con un sacerdote. Anche quando non è detto esplicitamente, i luoghi in cui si svolge l’azione dei suoi romanzi sono quelli della adolescenza. Quanti concittadini hanno creduto di riconoscere se stessi nelle pagine dei suoi libri?  Era inevitabile che questo maestro della introspezione e della confessione facesse di se stesso il protagonista di uno dei suoi libri. Nella lunga prefazione a una raccolta di articoli intitolata La coda paglia, Piovene descrisse la sua attività giornalistica durante il fascismo sostenendo, secondo un suo recensore, di averlo adulato «per disprezzarlo più a fondo, per mettere fra sé e la dittatura anche il pegno della propria menzogna, del disgusto di sé». Se questa confessione fosse stata scritta un secolo prima, Dostoevskij avrebbe manifestato la sua approvazione. In Italia invece suscitò stupore e scandalo.