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 2016  febbraio 28 Domenica calendario

«Scusi signora, c’è un ebreo ortodosso, dovrebbe cambiare posto»

Il volo dall’aeroporto di Newark a Tel Aviv dura undici ore. Per il passeggero devoto anche un minuto sarebbe stato di troppo: un minuto seduto vicino a una donna con il rischio del contatto, anche solo sfiorarsi sul bracciolo della Business Class. Così ha protestato con lo steward, ha chiesto che quell’elegante signora fosse spostata per «non infrangere un comandamento della legge ebraica, sta scritto nella Torah».  Renee Rabinowitz non si è lasciata intimorire – è un avvocato in pensione, ha 81 anni, è sopravvissuta all’Olocausto fuggendo dal Belgio dopo l’invasione nazista – ha espresso all’ultraortodosso la sua (laica) indignazione e ha accettato la poltrona poco più avanti che l’assistente di volo le offriva. «Mi ha trattato come se fossi una stupida – racconta adesso al quotidiano americano New York Times – e mi ha proposto un posto che secondo lui era migliore solo perché voleva accontentare quel religioso. Mi sono sentita umiliata». Anche perché Rabinowitz vive a Gerusalemme ma non parla ebraico ed è convinta di essere stata «raggirata» anche per questa ragione. Con i mesi l’umiliazione non è passata e l’avvocato vuole tornare in tribunale: con il sostegno del gruppo «Israel Religious Action Center» ha fatto causa all’El Al, la compagnia nazionale israeliana, e chiede 50 mila shekel di risarcimento: sono oltre 11 mila euro, la società gliene offre 200 come sconto sul prossimo volo. Chiede soprattutto che non succeda ad altre, che la parità venga garantita anche in volo.  La società insiste che qualunque discriminazione è proibita e replica che l’assistente non ha pressato Renee perché cambiasse di posto, la scelta sarebbe stata libera. «Mi dico: sono una donna anziana, laureata, ho girato il mondo e un uomo qualsiasi può decidere che non posso sedermi vicino a lui. È stato mortificante». L’associazione è guidata da Anat Hoffman, che ha condotto anche le lotte delle rabbine femministe: si sono coalizzate nel 1988 per ottenere il permesso di presentarsi davanti al Muro del Pianto con il tallit (lo scialle da preghiera), i tefillin (le scatolette di cuoio legate con le cinghie che contengono versetti sacri) e di poter recitare la Torah ad alta voce (t’fila in ebraico vuol dire preghiera). Sono le quattro «T» simbolo della protesta che i rabbini haredim leggono come una sola parola: tradimento dell’ortodossia. All’inizio di febbraio il governo Netanyahu ha annunciato il progetto per il risolvere la controversia con la costruzione di un’area per la preghiera delle donne. Prima degli aerei El Al, Hoffman ha già portato in tribunale gli autobus e nel 2011 la Corte Suprema le ha dato ragione: è stato vietato alle compagnie di trasporti pubblici la segregazione di genere, gli autisti dei pullman, soprattutto a Gerusalemme, chiedevano alle donne di sedere in fondo per evitare le proteste degli ultraortodossi. Da due anni – ha spiegato sempre al New York Times – il gruppo stava cercando un caso che coinvolgesse un assistente di volo per dimostrare che la El Al impone la discriminazione. Renee Rabinowitz si è rimessa a studiare nel suo appartamento a Gerusalemme, ha scovato i responsi di Moshe Feinstein, un rabbino lituano molto riverito, che aveva decretato: è accettabile per un uomo sedere vicino a una donna sull’autobus o in treno «se il contatto casuale non genera la ricerca di piacere sessuale». Fa notare che tutt’e due i suoi mariti (dal primo ha divorziato nel 1986, del secondo è vedova) erano rabbini. «Convivere con gli ultraortodossi è fantastico, fino a quando non mi dicono che cosa posso o non posso fare».