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 2016  febbraio 28 Domenica calendario

Tutti gli errori di Giorgia Meloni

Ora che Matteo Salvini pianta i suoi gazebo nelle piazze della fu «Roma ladrona» e lancia la sua Opa su ciò è stato lo schieramento che portò Alemanno in Campidoglio, ora che l’operazione Bertolaso vacilla, o comunque scatena la vocazione rissosa delle diverse anime della destra capitolina, ora ci si domanda che cosa resta di un’area politica che negli ultimi tempi ha assunto il volto spigliato e moderno di Giorgia Meloni e che adesso appare sempre più marginale, irrilevante, prigioniera dei suoi stessi errori. È appena uscito un libro molto documentato di Annalisa Terranova, «L’altro Msi» pubblicato dall’editore Giubilei con la prefazione di Antonio Carioti, in cui si fa la storia dei «leader mancati per una destra differente». Di questa galleria di «leader mancati» forse Giorgia Meloni è l’ultima in ordine di apparizione. E pensare che quella per il sindaco di Roma poteva essere la battaglia decisiva che avrebbe potuto consacrare la leadership di Giorgia Meloni. E invece, tutto al contrario. 
Non lo dicono apertamente, ma nella destra romana molti sono convinti che persino il ballottaggio appare a questo punto come un obiettivo impossibile da raggiungere e che è già cominciata la transumanza di una parte consistente dell’elettorato di destra verso le sponde grilline di Virginia Raggi. E ancora si chiedono perché. Come sia partita quella sequenza impressionante di errori, gaffe, goffaggini, furberie che hanno portato a questo punto, con Salvini che disconosce un patto siglato appena pochi giorni prima, un candidato che non riesce a trovare toni e accordi giusti per mettersi in «connessione sentimentale» con il popolo della destra romana, con uno schieramento diviso. Come si può pensare a una ricucitura quando Francesco Storace, in polemica velenosa con le scelte della Meloni, arriva a dire che il disagio di una campagna elettorale con Bertolaso è quello di doversi muovere sempre con un codice penale in mano? Non è diversità, dissenso, frattura. È una voragine incolmabile. 
E pensare che il disastro della gestione di Ignazio Marino aveva persino reso meno aspro il ricordo di quella precedente, bocciata sonoramente dagli elettori, di Gianni Alemanno. E qualche speranza di rinascita era fiorita, sebbene le vicende legate a «Mafia Capitale» avessero messo in luce un intreccio consociativo in cui tra destra e sinistra si era persa ogni distinzione nel rapporto non proprio brillante con i centri della criminalità e della corruzione nella Capitale. Poteva esserci qualche spiraglio, ma poi è partita la giostra di errori di cui ha fornito lo scioccante elenco completo ieri Antonio Macaluso su queste pagine. Berlusconi aveva preso in parola la certezza che i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni potessero essere la punta della riscossa del centrodestra in una città come Roma. Poi la presenza mediatica di Giorgia Meloni dava la certezza che il suo messaggio, il suoi linguaggio, la sua maschera politica veicolata da una presenza massiccia e vociante nella totalità dei talkshow potessero toccare strati di elettorato non militante, comunque vulnerabile alla simpatia innata di una figura che ama sottolineare i suoi tratti popolari e finanche popolareschi. Invece no, la Meloni ha temporeggiato, procrastinato, dilazionato non senza però impedirsi di intralciare con i suoi interdetti la marcia di avvicinamento di Alfio Marchini al centrodestra. Quindi niente Meloni, niente Marchini. E sembrava, in perfetta sintonia con Salvini. E allora chi? L’annuncio del figlio che verrà, reso pubblico durante il Family Day, ha scatenato le oscenità sessiste del politicamente corretto che, quando si tratta di colpire esponenti della destra, non esita a diventare scorrettissimo, trivialissimo, sgangheratissimo. Ma la stessa Meloni si è accorta dell’errore comunicativo, lei non sposata, una gravidanza extra matrimoniale dentro il Family Day. Poi la corsa al nome d’effetto: Rita Dalla Chiesa, un clamoroso boomerang mediatico. Poi l’improvviso adeguarsi alla scelta berlusconiana di Bertolaso. La rottura di una parte di Fratelli d’Italia, la rivolta di una parte della destra. E soprattutto l’occasione per Matteo Salvini di rimettere in discussione la sua leadership a Roma. Ora lui nei gazebo romani lavora per dare consacrazione nazionale alla Lega post padana. La Meloni subisce una sconfitta storica. E la destra, direbbe Annalisa Terranova, ha un nuovo «leader mancato».