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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

Breve storia dei tentativi di scalare il Nanga Parbat

Il Nanga Parbat è la nona montagna della Terra, ma, pur alto «solo» 8.126 metri, è come dimensioni il più grande fra gli 8.000. E, oltre a essere bellissimo per il fatto di sorgere isolato e contornato da valli basse e quindi abitate, mentre gli altri 8.000 pakistani sorgono in fondo a ghiacciai lunghi decine di chilometri, ha caratteristiche altrettanto uniche. Su tutte, quella di avere una via normale che non è quella della prima salita. La quale avvenne nel 1953 (terzo 8.000 salito in ordine di tempo, dopo l’Annapurna nel 1950 e l’Everest) lungo il versante Rakhiot. In cima un uomo solo, il leggendario austriaco Hermann Buhl. La via era talmente lunga e pericolosa che è stata ripetuta una volta sola. Ma anche la via normale, quella che hanno salito ora in prima invernale Moro, Txicon e Sadpara, ha le sue anomalie: si chiama Kinshofer, dal nome del tedesco che salì per primo il Nanga Parbat dal versante Diamir nel 1962, insieme a due connazionali. Però oggi nella parte alta non segue il percorso fatto dallo stesso Kinshofer, che raggiunse sulla cresta Nord-Est il finale della via di Buhl, ma taglia verso Sud puntando direttamente alla cima. Che sta sull’angolo destro del lato corto del trapezio sommitale, che intorno a quota 7.400-7.500 si appoggia, come fosse una montagna a se stante, sopra l’enorme massiccio che gli fa da base.
Tutto è immenso sul Nanga, come il terzo versante, il Rupal, che propone la più alta parete della Terra: 4.500 metri di dislivello. Dove nel 1970 è iniziata la storia himalayana del re degli Ottomila, Reinhold Messner, il quale 8 anni dopo vi ha realizzato, ma salendo dal Diamir, la prima solitaria di un Ottomila. Ora un altro italiano, Simone Moro, sullo stesso versante ha scritto un altro capitolo incancellabile, con questa prima invernale che è per lui la quarta sugli Ottomila, primato ineguagliabile. E proprio le invernali sono l’altra caratteristica del Nanga: mentre sugli altri 8.000 non ci sono quasi più stati tentativi al gelo dopo quelli per realizzare la prima salita, sul colosso pakistano si sono succedute oltre 30 spedizioni in tre decenni con la partecipazione di alpinisti di gran fama. A cominciare dai polacchi, che delle invernali sugli 8.000 erano i padroni fino a Moro. In realtà, il primo tentativo fu di un giapponese solitario, Tsuneo Hasegawa, che nell’inverno 84-85 non andò lontano sul Rupal. Dopo, qualcuno è arrivato ad affacciarsi oltre i 7.000, ma solo due erano stati fino a ieri i veri tentativi di vetta. Quello di Txicon, Sadpara e Daniele Nardi dello scorso anno e quello del 1997 che vide Zbigniew Trzmiel arrivare fino a quota 7.875, record fino a ieri.