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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

La seconda vita che attende gli uomini della rapina d’oro: tutti scarcerati, li aspettano i 22 milioni di bottino mai recuperati

Quel tesoro in denaro contante poliziotti e carabinieri lo hanno cercato ovunque: tra le mozzarelle di un caseificio, le tombe di un cimitero, dalle pendici del Vesuvio fino a una banca in Svizzera.
Interrogatori fiume, decine di microspie sistemate pure in camera da letto, una ventina di telefoni cellulari intercettati, alcuni intestati a fantomatici imprenditori cinesi Cian Cin e Fil Ian. Tutto inutile: dei 22 milioni 403 mila e 599 euro, bottino della rapina alla sede della Mondialpol di Vigliano Biellese il 31 agosto del 2008, considerata a ragione il colpo del secolo, è stata recuperata solo una mazzetta con 20 pezzi da cento. Tra le ipotesi, anche quella che i soldi siano serviti alla Camorra per l’acquisto di una grande partita di droga. Ma è solo un azzardo.
I protagonisti
Nel frattempo le 14 persone arrestate e condannate in primo grado e poi in Appello a pene comprese tra i 2 e 7 anni di carcere, hanno già pagato il debito con la giustizia e sono libere. Qualcuno ha confessato, raccontando di non aver ricevuto nulla del premio promesso. Altri hanno sempre negato o non hanno mai risposto alle domande degli inquirenti. A cominciare da Luciano Romano, 33 anni di Napoli, ritenuto il capo della banda, l’ultimo a lasciare la prigione: uscendo dal cancello della casa circondariale di Cassino, c’è chi giura di averlo visto sorridere. Quella domenica d’agosto, giorno di consegna degli incassi settimanali di banche e supermarket della provincia, il disoccupato partenopeo con precedenti specifici e la passione per l’elettronica era tra i quattro che, armi un pugno, caschi integrali e tute blu, fecero irruzione nel caveau di Vigliano Biellese. Con lui i concittadini Giuseppe Esposito, 41 anni, Simeone Arcangelo, di 59 e Paolo Capodanno, 37 anni. Ad aprire loro le porte blindate, i due finti carabinieri Costantino Magrelli, 51 anni, sempre di Napoli e Salvatore Della Ratta, 36 anni di Somma Vesuviana con la complicità di un addetto alla sorveglianza, il biellese Alessandro Ciaramella, 35 anni, ora titolare di un bar. Sono le 9,20 del mattino e la rapina dura pochi minuti: il commando blocca altri due vigilanti e lega con lacci di plastica gli addetti alla conta del denaro. Alle impiegate lasciano qualche banconota da 500 euro scusandosi «per il disturbo». Caricano i sacchi di soldi in un furgone della stessa ditta e fuggono.
L’indagine
Non fosse per i soldi svaniti nel nulla, il lavoro di polizia e carabinieri potrebbe essere portato ad esempio. Pochi giorni dopo il furgone viene trovato a Milano, abbandonato sul sedile c’è un biglietto dell’autostrada. La Scientifica vi scopre sopra l’impronta digitale di Giovanni Pezzella, 42 anni, pregiudicato salernitano, scatenando le ire dei complici che nel frattempo avevano già il telefono sotto controllo: «Diceva di stare attenti anche alle cicche di sigaretta, non teneva paura, per colpa delle sigarette ci ha fatto un mazzo tanto e poi non ti metti i guanti?». Uno dopo l’altro cadono tutti nella rete degli investigatori: sul camioncino, subito dopo la rapina nascosto in un capannone di Renzo Parpinel, 60 anni, c’erano anche Giovanni Dimitri, 37 anni, di Nola e l’agente di polizia della sezione Falchi di Napoli Giovanni Franzese, 55 anni, al quale venne poi sequestrata la mazzetta da 2 mila euro con fascetta Mondialpol. In manette anche la coppia biellese Salvatore Bartilomo e Anna Liccardi, parenti di Romano, che ospitarono a Cossato il gruppo prima del colpo e Ciro Rocchetti, che si occupò invece della logistica al rientro a Napoli. Il 20 gennaio del 2009 un sussulto: ad Antonio Chianese, 70 anni di Napoli, vengono sequestrati 425 mila euro e un dollaro americano: «Signor giudice, ma quale rapina: affitto garage e faccio soldi». Il gip gli restituirà tutto.