Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 27 Sabato calendario

A proposito di Enzo ed Elvira Sellerio. I figli ricordano

Tutto è rimasto eguale. Le tendine di lino stirate di piatto, la scrivania antica, il divanetto dove sedeva Leonardo Sciascia. «Ecco, questo è il mausoleo della mamma», ci fa strada Antonio Sellerio con l’aria mite da principe mitteleuropeo, l’incarnato chiarissimo e i capelli rossi ereditati dal ramo russo di famiglia. Ma donna Elvira non s’era tanto raccomandata di smontare dopo la sua morte lo studio- monumento? «Ma no, proprio il contrario», irrompe Olivia con la sua bellezza mediterranea, un lampo di ironia negli occhi mobili come quelli di sua madre. Se in ogni famiglia si annida un potenziale romanzo, nella tribù dei Sellerio fiorisce l’intreccio di mille storie, come il racconto dei racconti nella novellistica medievale. Lei, Elvira, ragazza bellissima e lettrice sapiente di ogni realtà, libri o esseri umani. Il marito Enzo straordinario narratore per immagini, fotografo tra i più celebrati. L’intelligenza del cuore e lo sguardo assoluto. Dall’incontro sarebbe nata una casa editrice che ancora mantiene la loro cifra. E due figli, che ne rispecchiano passione e talento: Antonio alla guida dell’azienda e Olivia donna d’arte e di musica prestata all’editoria. Domani il tratto di via Siracusa dove da quasi cinquant’anni vive la redazione diventerà via Enzo ed Elvira Sellerio. ANTONIO: «Un effetto stranissimo. Molta felicità…». OLIVIA: «Sì, certo, ma anche turbamento. La lapide introduce una sorta di eternizzazione, una pietra tombale su qualcosa che è ancora molto vivo. Noi pensiamo che mamma e papà siano sempre qui, da qualche parte». ANTONIO: «Dieci giorni fa è caduto il “muro di Berlino”. Quando si separarono, mio padre si ritirò in un’ala dell’appartamento rendendosi autonomo anche come editore. Solo ora ci siamo accorti che la parete divisoria era un armadio. L’armadio con le cronache di Narnia…». ( Anche lo studio di Enzo Sellerio è integro, in una mescolanza di antiquariato e modernità grafica. Tra i post- it gialli alla parete: “Vietato dire comunque”). OLIVIA: «I nostri ricordi sono diversi perché abbiamo vissuto in famiglie molto diverse. Io sono arrivata nel ’66, molto attesa e desiderata, quando loro erano una coppia di sposini innamorati. Per te Antonio è stato diverso, essendo nato in una famiglia di separati». ANTONIO: «In realtà si sarebbero separati molto più tardi, alla metà degli anni Ottanta. Però è vero, tu hai visto un matrimonio felice». OLIVIA: «Sì, ma io ho vissuto anche l’esaurimento di quella felicità. In fondo tu sei cresciuto in un clima più sereno». ANTONIO: «Da ragazzino ricordo un’atmosfera pesante per cui non vissi la separazione come un trauma. E poi papà andò a vivere pochi metri più in là (e indica un balcone davanti alla casa editrice, proprio di fianco alla casa di Elvira)». OLIVIA: «No, nessun trauma. Papà era diventato iroso. Non riusciva a fare il padre e non riusciva a fare il marito. E forse non riusciva a sopportare questa donna che cresceva sul lavoro. Non era più la mogliettina carina che aveva letto molti libri e gli faceva fare bella figura in società, però stando sempre di lato. Lui poi era abituato a una madre poliglotta che per il marito professore aveva mollato la Mitteleuropa. (Ride guardando Antonio). Magari se fosse seduto qui mi direbbe: ma come ti permetti?». ANTONIO: «Però papà non era competitivo con mamma. Certo, gli equilibri in casa editrice erano cambiati. Una volta lei diede il “si stampi” prima che lui l’avesse deciso. Gliel’avrebbe rinfacciato per il resto della vita. Ma non credo abbia sofferto per la crescita della mamma, anche perché si appoggiava a lei tantissimo».
OLIVIA: «Sì, il suo era un sentimento doppio: sono contento che ci sei, ma non devi calpestarmi perché certe cose le so fare meglio di te. Il rigore grafico, la qualità del contenitore, oltre che del contenuto. Aveva l’occhio assoluto». ANTONIO: «Sì. E allo stesso tempo riconosceva a mamma il merito imprenditoriale, anche nel momento più feroce del conflitto». OLIVIA: «Che litigate cinematografiche! Papà aveva istituito servizi di piatti “da sfogo”. Mio nonno materno aveva insegnato ai figli che la rabbia si deve sfogare fisicamente perché altrimenti ti corrode dentro. E mamma fu fedele al comandamento». ANTONIO: «Eh, Olivia, papà aveva una memoria mostruosa...». OLIVIA: «Sì, ma non era mai rancoroso. Lui conviveva con una serie di stati sentimentali che erano amore, rabbia e stizzoseria. Una sorta di contorsione ebraica che poi ritrovo in tutti noi Sellerio. Mamma era più dritta, con un’ironia diversa. Ti ricordi come ci salutava, anche in ospedale? Fai pensieri lieti». ANTONIO: «Guardava sempre al bicchiere mezzo pieno. Mi chiedo ancora come abbia fatto. Pur lavorando molto, è stata presente con noi figli. Fin troppo presente…». OLIVIA: «Io non le potevo nascondere niente. Mi aspettava sveglia nel cuore della notte e poi davanti a un cappuccino si faceva raccontare tutto: il film visto, gli incontri, le storie…». ANTONIO: «Io non ero così aperto. E difendevo la mia privacy. Poi lei era ansiosissima. Sì, forse c’era anche la paura della mia infelicità. Ma soprattutto era un’ansia fisica. Un anno dopo le Torri Gemelle partii per New York. La notizia fu accolta come la profezia di un flagello biblico». OLIVIA: «Era ansiosa per le cose famigliari e molto coraggiosa sul lavoro. Io credo che papà non abbia mai smesso di amare la sua intelligenza. È vero, per tanti anni ha avuto una compagna, ma mamma è rimasta insostituita. C’era un patto segreto tra loro: mia madre non avrebbe dovuto concedergli mai il divorzio, altrimenti lui sarebbe stato costretto a sposarsi. Così nei litigi lei lo minacciava: guarda che ti do il divorzio...». ANTONIO: «Lui passava ogni giorno in casa editrice per salutare mamma». OLIVIA: «Credo che li unisse un enorme bisogno di storie. Erano entrambi grandi ascoltatori e anche narratori, ciascuno a suo modo. Lui collezionava immagini e oggetti, lei perlustrava trame di mondi e culture diverse. In fondo l’editoria è stata una vocazione. E anche le loro storie sono finite insieme, come succede negli amori grandi. Papà è morto un anno e mezzo dopo mamma». ANTONIO: «No, dai, papà è morto all’improvviso. Non l’ho visto spegnersi lentamente. Certo sono stati molto uniti, anche nella malattia di mamma». OLIVIA: «Lei era molto arrabbiata perché le avevamo tolto le sigarette. Un rimorso che mi porto dietro. “Credevo fossimo quattro persone intelligenti e invece siamo solo due...”. Papà le portava le sigarette di nascosto». ANTONIO: «Fino all’ultimo giorno è stata lei: passionale, lucida, decisa. Entrambi sono morti da vivi. E nel dolore mostruoso della perdita, l’unico luogo dove riuscissi a stare è questa stanza, la sua». OLIVIA: «Anche quando stava già molto male continuava a occuparsi di libri e di bilanci. Però restava a casa sua, non scendeva in ufficio». ANTONIO: «Così anche dopo la sua morte, non mi turbava non vederla più in giro. Aveva fatto in modo che mi abituassi alla sua assenza».