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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

«Marine si pentirà di avermi tradito» dice il padre, Jean-Marie Le Pen

Quando Marine era piccola le raccontava della politica come fosse un incontro di pugilato. «Se scegli di salire sul ring devi essere pronto a prendere colpi fino alla fine. Il campione del mondo vince con la faccia gonfia di botte». La bambina si è messa i guantoni e ha preso a pugni il suo mentore in un parricidio che evoca tragedie greche ed è la chiave di volta di un pezzo di futuro della Francia.
Sui muri sono appese le fotografie ingiallite dei bei tempi andati. Il patriarca al balcone con le tre figlie biondissime: Marie- Caroline, Yann e Marine.
La magione di Montretout, sulle colline di Saint-Cloud, è stata per decenni quartier generale del Front National, crocevia di affari e sentimenti della dinastia Le Pen. Marine ha lasciato la casa di famiglia un anno fa, preludio di una rottura che si è consumata qualche mese dopo. Jean-Marie continua a venire il pomeriggio, nell’ufficio al primo piano avvolto nella penombra in cui troneggia il binocolo di un incrociatore puntato sulla vista a perdifiato della capitale. «Sente il rumore in sottofondo? È l’autostrada ma a me ricorda quello del Pacifico, quando facevo le traversate in mare». La polvere copre i modellini di velieri, omaggio alla famiglia di pescatori bretoni.
Qualche giorno fa, è arrivata la polizia giudiziaria per fare perquisizioni nell’inchiesta sull’assunzione degli assistenti all’europarlamento. Un altro affaire riguarda il mutuo della casa di Rueil-Malmaison, dove Le Pen è andato a vivere con la seconda moglie Jany. Gli accertamenti riguardano anche la presidente del Fn. È un nodo privato e pubblico difficile da sciogliere. «Mia figlia non ha capito che ero il suo scudo. Senza di me, è più fragile ed esposta».
Un vecchio leone ferito che medita vendetta, parla di sé in terza persona. «Non capisco cosa giustifichi l’esclusione di Jean-Marie Le Pen che ha fondato il Front National e l’ha diretto per 40 anni». Da mesi non comunicano più. Quando finalmente si sono incontrati, in un estremo tentativo di riappacificazione, è finita male. «Sembrava un addio tra marito e moglie» ricorda Le Pen, che a giugno compirà 89 anni. «Marine non ama essere contraddetta. Il suo difetto, se posso permettermi, è di non essere abbastanza democratica». L’addio si trascina. «Qualunque regno diviso al suo interno è destinato a perire» ha scritto Le Pen a sua figlia, minacciando di fondare un suo movimento politico.
Da quando è stato escluso dal partito, nel maggio scorso, continua a battersi. Tre processi, tutti vinti, resta la Cassazione. Cita un vecchio proverbio: «L’esperienza è una candela che illumina solo colui che la porta». Le relazioni sono interrotte anche con la nipote Marion. «È troppo sicura di sé. Come Marine, pensa di poter fare a meno di me. Eppure sono io che le ho create». La leader del Fn è determinata. «È manipolata da arrivisti che le stanno intorno» continua il fondatore citando Florian Philippot, vicepresidente del partito, che avrebbe spinto per liberarsi del “Diavolo” in casa, come Le Pen senior è stato soprannominato in mezzo secolo di attività politica. Nel 1972, quando creò il Front National, scelse come simbolo la fiamma che arde, copiando i “fratelli” del Movimento Sociale. «Con l’Italia ho avuto sempre tante relazioni. Sono amico di Marco Pannella, anche se la pensiamo diversamente siamo entrambi paria del sistema».
«Non, je ne regrette rien». Non rimpiango niente, dice, intonando la melodia della canzone di Edith Piaf. Sottoscrive di nuovo la frase per cui la figlia ha deciso di escluderlo dal Fn. «Le camere a gas sono un dettaglio della Storia. L’ho detto e lo ripeto». Impresentabile in un partito che punta al potere.
Doveva andare diversamente. Jean-Marie aveva designato come erede la primogenita, Marie- Caroline. Lei se ne andò con il rivale politico del padre. La vita del Menhir – altro soprannome ispirato ai monoliti – è costellata di tradimenti al femminile. La prima è stata la moglie Pierrette, scappata con il suo biografo. L’ultima è Marine. «Non ho mai sofferto. Se qualcuno non mi ama più, smetto di amare» dice con un ghigno che irrigidisce il volto.
Parafrasando Gloria Swanson potrebbe dire: «Io sono sempre grande, è la Francia che è diventata piccola». Appena si lascia andare sul suo viale del tramonto, riaffiorano le ossessioni più sconcertanti. «L’esplosione demografica è il fenomeno del millennio. Sulla carta, abbiamo già perso: saremo sommersi. Ma c’è l’imprevedibile: una gigantesca epidemia, un conflitto nucleare». A proposito di Angela Merkel che ha deciso di accogliere i rifugiati, si concede una delle sue battute di pessimo gusto: «Ha aperto le braccia e subito ha dovuto chiudere le cosce».
È un lungo crepuscolo. Si consola facendo il bisnonno con la piccola Olympe, figlia di Marion che spesso viene a trovare la nonna Yann, la più discreta e tormentata delle figlie, l’unica rimasta a Montretout. «Forse Marine pensa che deve calpestare i sentimenti per una causa superiore. Se vincerà, allora entrerà nella Storia. Ma se così non fosse, come purtroppo temo, porterà con sé il rimorso fino alla fine dei suoi giorni». Dice che ha già pronto il nome del suo nuovo movimento. Sembra piuttosto l’ennesima recita, l’ultima. Dietro ai propositi bellici, traspare la voglia di fuggire da un destino ormai segnato. «Per tacere, aspetto di essere morto».