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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

«Gli facciamo un po’ schifo? State calmi, siamo indispensabili». Verdini a cena con i suoi

«Calma ragazzi, dobbiamo stare calmi e proseguire con la politica dei piccoli passi: l’ingresso in maggioranza ci sarà ma deve avvenire con piena dignità». Passano un paio d’ore dal primo voto di fiducia al governo sul ddl Cirinnà. E a cena coi suoi senatori, in un ristorante poco distante da Palazzo Madama, Denis Verdini ha l’aria del vincitore che non vuole strafare, che sa che non si deve stravincere.
Lo ripeterà per l’intera giornata di ieri ai parlamentari che lo chiameranno in sequenza, vorrebbero tanto resplica a Speranza e a tutta la sinistra Pd. Quelli ai quali i voti di Ala al governo «sembra facciano un po’ schifo». E invece no, «state calmi, guai a chi ribatte». Il leader, l’ex coordinatore berlusconiano, se lo gode proprio questo day after. Incede di primo mattino per piazza San Lorenzo in Lucina verso i tavolini del bar che è suo quartier generale e non non ha affatto l’aria del “fantasma”, per parafrasare Debora Serracchiani. Bavero del cappotto alzato, vistosa sciarpa fucsia, ostenta sorriso e predica pazienza. La linea ufficiale è quella dettata ai senatori nella riunione seguita alla fiducia e poi a cena col capogruppo Lucio Barani e gli altri: «Il nostro obiettivo è l’approdo in maggioranza, certo, ma con piena dignità». Ingresso sì, ma senza strappi, senza fughe in avanti e, per il momento, senza strapuntini di governo da inseguire (e che Renzi del resto non concederebbe).
Obiezione dei suoi: Denis, se siamo indispensabili all’esecutivo, perché non rivendicarlo, non dirlo. Gliel’ha ripetuto più d’uno a tavola l’altra sera e ancora ieri quando si è scatenata la sinistra pd. «Siamo indispensabili ma non siamo noi a doverlo dire, parlano i fatti e lasciamo siano altri a dire se Renzi debba o meno andare al Colle per certificare il cambio della maggioranza, con questi numeri», è la risposta serafica di Verdini ai suoi. Come dire: sia lo stesso premier a valutare, ma non certo ora, magari dopo il referendum. Le riforme, appunto: «Noi dobbiamo apparire come i custodi delle riforme, anche di quelle economiche – è l’altro mantra del leader di Ala -. La battaglia referendaria sarà poi l’ultimo passo. E allora, in autunno, al Senato saremo già in trenta».
I suoi raccontano che lo snodo sia stato l’incontro di un’ora al Quirinale,al tramonto di giovedì 18 febbraio, quando Verdini raggiunge il presidente Sergio Mattarella accompagnato da Barani, dal tesoriere Ignazio Abrignani e dal segretario Massimo Parisi. Il ddl Cirinnà è impantanato. Già quella sera il capo di Ala comunica di votare la legge e che, più in generale, lui e il suo gruppo daranno una mano al governo Renzi «in tutti i passaggi importanti per il bene del Paese». Una garanzia che – raccontano loro il capo dello Stato non poteva che apprezzare nel quadro di una stabilità complessiva, tanto più in una fase così delicata sul piano geopolitico e socioeconomico.
Renzi che domenica scorsa all’assemblea Pd se la prende con chi disdegna gli aiuti a una maggioranza «che al Senato non c’è» è il segnale che Verdini attendeva. Da lì alla fiducia è stato un flash. «È chiaro che d’ora in poi voteremo sempre la fiducia al governo», spiega ora il capogruppo Barani, che attacca: «La minoranza dem dovrebbe dirci grazie e invece eccola, anti- Verdini, anti-Renzi, ma noi siamo determinati». Fanno quadrato i verdiniani. «Questi della sinistra dovrebbero compiacersi con Renzi che sta lavorando per allargare il quadro – ragiona Saverio Romano, coordinatore dei gruppi – non se ne può più dei loro sospetti su indicibili accordi con Verdini». È un cantiere aperto, Ala. Nuovi arrivi dati sempre per imminenti. Quello del fittiano Antonio Milo, adesso, «siamo in 19 ma Claudio Zin del misto vota con noi da tempo», dice Barani. Sirene suonano già per Riccardo Villari, Paolo Naccarato, Michelino Davico. Il solito frullatore di nomi, in attesa che alle amministrative la destra facia flop. «Ma con calma, prudenza», va dicendo Verdini seduto in riva al fiume.