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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

I conti dell’Eni non sono buoni, ma nessuno se ne preoccupa

A giudicare dalla reazione dei mercati – il titolo ha archiviato la seduta in Borsa con un rialzo del +5,13% a 12,71 euro – l’anno è stato sì, complicato, complicatissimo, ma Eni gode di buoni fondamentali e ha rassicurato gli operatori sulla sua capacità di tenuta nell’attuale scenario di «stress» per il crollo dei prezzi del petrolio (meno 43% nel 2015, con il barile che veleggia attorno a quota 30 dollari). Certo è stata comunque una stangata. Che ha messo sotto pressione i conti con una perdita netta di esercizio di 8,82 miliardi di euro (8,46 miliardi nel quarto trimestre). A pesare sono state soprattutto le svalutazioni (6,2 miliardi totali, 4,4 miliardi per l’Oil&Gas).
Tuttavia depurando il bilancio da Saipem (ormai deconsolidata) e da Versalis (per la cui cessione sono in corso trattative serrate con il fondo Usa Sk Capital nonostante le resistenze dei sindacati) il risultato netto ritrova il segno più (0,34 miliardi). C’è da registrare una flessione del comparto «esplorazione e produzione» (-58% il margine lordo al netto delle componenti straordinarie nel quarto trimestre 2015), il cui impatto è stato attenuato dalla crescita delle produzioni e dal deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro (-12,3%).
Non mancano però altri aspetti positivi. A cominciare dalla produzione di petrolio cresciuta del 14% nel quarto trimestre (più 10% nel 2015, con un obiettivo iniziale del 5%) per un ammontare di 1,88 milioni di barili al giorno, al costo unitario di 0,7 dollari grazie (anche) alla scoperta del super-giacimento offshore di Zohr in Egitto. L’amministratore delegato del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi, afferma tuttavia di sentirsi soddisfatto di quanto realizzato finora: «Una generazione di cassa di 12,2 miliardi di euro, l’aumento della produzione di petrolio, la conferma per l’anno in corso del dividendo per 80 centesimi di azione, sono i risultati non scontati da accogliere in maniera molto positiva».
La sensazione è che l’Eni sia riuscita a reggere l’urto di un prezzo dell’oro nero in picchiata, molto al di là delle previsioni. Attenuando il rischio sistemico anche in previsione del trend ribassista dei prezzi. Ecco perché la società ha pianificato un ulteriore taglio della spesa del 20% («Non incidendo sui posti di lavoro», tiene a precisare Descalzi). Il punto di pareggio – ha calcolato il management – è in uno scenario di 50 dollari al barile, quota in cui gli investimenti tecnici saranno finanziati al 100% con il flusso di cassa operativo, cioè senza intaccare sul debito. Che al 31 dicembre al 31 dicembre si attesta a 16,86 miliardi, livello calato nei primi mesi del 2016 di altri 4,8 miliardi a seguito della cessione del 12,5% di Saipem a Fondo Strategico Italiano (Cdp) e del deconsolidamento a bilancio della controllata.
«La riduzione dell’indebitamento è un unicum nel panorama attuale delle società petrolifere». rivendica Descalzi.
Il manager non si è sbottonato più di tanto sulla chimica. Ha evidenziato come dal 2000 ad oggi Versalis abbia fatto registrare perdite pesanti non più sostenibili ed è pertanto necessario trovare un partner industriale in grado di garantire la tutela dei posti di lavoro.
Circa la politica di remunerazione dei soci (tra cui il primo azionista, Cassa Depositi e Prestiti) Descalzi ha ribadito che anche nell’annus horribilis 2015 la cedola di 80 centesimi per azione resta confermata, mentre sul 2016 è presto per fare dei ragionamenti. Un report di banca Akros sottolinea come l’attenzione degli investitori sia ora sul piano strategico del 18 marzo. Bisognerà vedere se si potrà continuare anche per l’anno in corso con questa politica di remunerazione degli azionisti, vista la difficile situazione di settore. La banca d’affari Goldman Sachs ha però confermato la raccomandazione «buy» sul titolo con prezzo obiettivo a 15,5 euro per azione, grazie al taglio dei costi del 20% nel 2016.