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 2016  febbraio 27 Sabato calendario

L’onestà di Infantino e la poca voglia di rinnovarsi della Fifa

Gianni Infantino è una garanzia di competenza e almeno una speranza di onestà collettiva. Più difficile capire quanto la Fifa voglia rinnovarsi davvero. Infantino dovrà gestire adesso non solo un consesso inquieto, ma tutto un mondo che ha voglia di emergere. L’Asia con i suoi nuovi soldi, l’Africa con il suo nuovo peso tecnico, il Sud America che si è sentito trascurato dall’Europa negli ultimi venti anni. Infantino rappresenta la forza e il fascino del vecchio calcio europeo, i padri fondatori e l’unica merce davvero universale. Ma sa che se vorrà lottare contro la corruzione dovrà essere il presidente di tutti. Ha una forza che Blatter non aveva nonostante tutti i suoi trucchi: la consapevolezza che tutto il calcio sa di dover cambiare. Il vero problema è come. Il calcio è una delle aziende più forti al mondo con due vantaggi fondamentali: i suoi mercati si aprono senza costi di produzione, basta accendere un televisore in un qualunque Paese per raggiungere i «clienti». Il secondo è che, come i generi alimentari, non risente delle mode, è una necessità. Genera cioè ricchezza spontanea e infinita, come le tentazioni che ne conseguono. Infantino, dalla vecchia Europa, può però partire come Alessandro verso un sogno universale. Il calcio di Blatter è finito perché non ha capito il tempo, l’ha voluto soltanto usare. Ma nonostante i suoi 150 anni e l’uso continuo che ne viene fatto, il calcio è alle soglie di una nuova rivoluzione industriale. Per la prima volta stanno arrivando i mercati più ricchi e popolosi del pianeta: la Cina, l’India, il Giappone, gli Stati Uniti. Miliardi di nuovi utenti, un’organizzazione che non basterà allargare, sarà per forza da rifondare. È questo spazio illimitato la vera forza di Infantino. Potrà far pesare le idee almeno quanto i soldi, le uno varranno gli altri. E la necessità di esserci, di stare dentro al nuovo mondo, sarà forse per tutti la condanna a una maggiore onestà.