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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

Contro Alfano

Secondo il ministro dell’Interno Angelino Alfano, eliminando dalla legge Cirinnà la stepchild adoption che consentiva ai centinaia di bambini e ragazzi di avere dei genitori e calpestando l’orientamento della stragrande maggioranza del Parlamento, il governo ha sventato una “rivoluzione antropologica contro natura”. Ora, per carità, è comprensibile che Alfano abbia un concetto approssimativo dell’antropologia e della natura, che fra l’altro si è così orrendamente accanita su di lui. Ma siccome – per quanto incredibile possa sembrare – rappresenta il governo italiano, sarebbe interessante sapere come la pensano Palazzo Chigi e il Pd autore della norma “contro natura”. Ma soprattutto che cosa debba ancora dire o fare Alfano per essere cacciato a pedate dal governo, dalla maggioranza e dal consesso civile. La sua carriera politica è un museo degli orrori, uno solo dei quali – a scelta – basterebbe in qualunque altro paese del mondo per farne un paria infrequentabile. Breve riassunto delle porcate precedenti.
Nato nel 1970 ad Agrigento, con gran sollievo delle altre città, Angelino s’iscrive ai giovani della Dc, il partito di papà. Intanto si laurea in Legge e inizia a fare l’avvocato: ma, per la fortuna degli eventuali clienti, soltanto per poco. Nel 1994 infatti rimane folgorato da Silvio e s’iscrive a Forza Italia, il partito di Papi. Nel 2008 racconterà: “Sono unilateralmente innamorato di Silvio Berlusconi… Mi sono innamorato di lui guardandolo alla tv al momento della sua discesa in campo”. Nel 1996 è eletto deputato regionale e partecipa al matrimonio della figlia di Croce Napoli, ritenuto dagl’inquirenti il boss di Palma di Montechiaro: un video amatoriale lo ritrae mentre abbraccia appassionatamente il capomafia. Però secondo natura. Quando Repubblica lo rivela, lui dice di non avere “memoria o ricordo (per lui son cose diverse, ndr) di questo matrimonio”, anzi giura: “Non ho mai partecipato a matrimoni di mafiosi né di loro figli, né ho mai sentito parlare del signor Croce Napoli”. Poi gli tornano sia la memoria sia il ricordo, ma specifica di aver ricevuto l’invito dallo sposo. Ah beh allora. Massimo Ciancimino racconterà che Angelino era pure amico suo, prima della sua collaborazione con la giustizia (dopo non gli parve il caso): viaggiava con la moglie sul suo elicottero dell’Air Panarea e gli chiese consigli per un trapianto di capelli sulle orme di B., poi purtroppo abortito per la comprensibile ribellione dei bulbi a risiedere sul suo capino implume.
Nel 2001 Alfano entra in Parlamento grazie all’en plein di FI in Sicilia (61 collegi su 61), per non uscirne più. Nel 2005 si allea col governatore Udc Totò Cuffaro, già indagato per mafia, e scalza Micciché da coordinatore siciliano. Cuffaro finirà in galera per favoreggiamento mafioso. Intanto FI da lui coordinata tocca il minimo storico dei voti. Il talento va premiato: Alfano diventa ministro della Giustizia. Il primo atto è il “lodo” che regala l’impunità alle quattro alte cariche, specialmente alla più bassa. Purtroppo è incostituzionale e viene per metà cancellato dalla Consulta e per l’altra metà da un referendum. Lui però non demorde e tenta di battere il record delle leggi incostituzionali stabilito dal precedente governo B.: bavaglio alle intercettazioni, prescrizione breve e “processo breve” (cioè morto). Per fortuna non passano. Poi vara un geniale “Piano Carceri” a base di “penitenziari galleggianti” che – parola sua – dovrebbe garantire “17.891 nuovi posti cella entro 2012” (mai visto uno). Sua la nomina, tipicamente meritocratica, dell’amico Calogero “Lello” Casesa nell’Organismo indipendente di valutazione della performance dei magistrati, roba da 48.600 euro l’anno: agrigentino come lui, impiegato in Provincia, ex consigliere comunale di FI, Casesa vanta nel suo curriculum nientemeno che la presidenza della sagra del “Mandorlo in fiore” e il ruolo di suonatore di “friscalettu” (zufolo) nel gruppo folk “Val d’Akragas”. L’uomo giusto per giudicare i giudici.
Durante la parentesi Monti, il noto frequentatore di se stesso è nientemeno che segretario nazionale del Pdl, che infatti nel 2013 perde 6,5 milioni di voti. “Saremo il partito degli onesti” annuncia, poi i colleghi pregiudicati gli spiegano come va il mondo. B., per levarselo dai piedi, lo paracaduta al ministero dell’Interno del governo Letta. Lui partecipa alla gazzarra dei parlamentari Pdl al tribunale di Milano che osa processare B. E fa la spola dal Viminale al Quirinale per trattare sulla grazia al neocondannato B. Intanto il suo ministero ordina e coordina il sequestro e la deportazione della moglie e della bimba di un dissidente kazako. “Se Alfano sapeva, è grave. Se non sapeva, è anche peggio”, sentenzia Renzi, non ancora segretario Pd, sposando la mozione di sfiducia. Il ministro a sua insaputa opta per la figura del pirla: non sapeva. E Renzi, divenuto premier, lo lascia a far danni al Viminale, in quanto segretario di Ncd, partito che sfugge ai sondaggi e pure ai radar, ma vanta decine di parlamentari per grazia berlusconiana ricevuta. È l’acronimo di Nuovo Centro Destra, ma anche di Nuovi Condannati Detenuti visto l’altissimo tasso di devianza rilevato fra gli ex forzisti in fuga da B. per la poltrona. Più che un partito, pare il bar di Guerre Stellari. Fra i migliori spicca il sottosegretario Giuseppe Castiglione, inquisito in Mafia Capitale per l’appalto truccato del Cara di Mineo (Catania) alla coop La Cascina (Compagnia delle Opere) che, secondo Salvatore Buzzi, aveva rapporti diretti con Alfano. Ma sempre secondo natura.