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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

Flaubert stronca Rousseau. Escono le «Note» al pensiero politico al filosofo: «Era un campione di stile letterario ma anche un razzista intollerante»

Assunto dai giacobini come il Maestro teorico della Rivoluzione (per la concezione della «volontà generale» come sovranità assoluta) e accusato dai liberali e dai critici del 1789 di essere l’ispiratore della «democrazia totalitaria», Jean Jacques Rousseau si rivela il più grande filosofo del Settecento, che ossessiona i pensatori e gli scrittori dei secoli successivi. È annoverato tra i monumenti del pensiero antimoderno, tanto che Jean Starobinski individua nell’opera di Rousseau la più potente denuncia e condanna dell’apparenza menzognera della società moderna. Strappata ogni maschera, sollevato il velo delle buone maniere e della cultura dei filosofi, gli uomini mostrano il loro vero volto: si credono liberi, ma sono schiavi dell’opinione e di un insopprimibile bisogno di mostrare un’immagine di sé diversa da quella autentica. Vivono schiavi di una coscienza scissa che stenta a rivelare al mondo la sua trasparenza. Prima di Starobinski, due grandi scrittori si avvicinarono al pensiero di Rousseau con esiti assai diversi, in una corrispondenza singolare, in cui continuamente si alternano e s’intrecciano rifiuto e ammirazione. Il primo è Lev Tolstoj (chi scrive ha dedicato recentemente un ampio saggio sul tema, Lev Tolstoj. Il coraggio della Verità, dove si scrive ampiamente delle letture dell’autore russo su Jean Jacques). Il secondo è Gustave Flaubert. Medusa ha ora pubblicato degli appunti inediti di Gustave Flaubert, Note su J.-J. Rousseau (pp. 140, 16,00 euro, Medusa), a cura e con un’introduzione di Roberto Peverelli. Pagine importantissime, da leggere con attenzione per chi voglia comprendere a fondo il profilo non solo dei due autori, Flaubert e Rousseau, ma anche quello delle idee nell’Europa, tra Settecento e Ottocento. Le note di Flaubert su Rousseau sono scritti rivelatori del lato politico dell’autore di Madame Bovary, immenso scrittore, faro di tutti gli hommes des lettres, e non solo. Il gigante Flaubert, come prima di lui Tolstoj, s’immergeva nella lettura di Jean Jacques non solo perché il filosofo di Ginevra era considerato come il più elegante autore di lingua francese del Settecento, per il perfetto equilibrio di bellezza e forza della scrittura. Flaubert, come Tolstoj, considerava Rousseau una lettura imprescindibile per modellare i personaggi dei suoi romanzi. L’Educazione Sentimentale di Flaubert prende forma attraverso un titanico lavoro tra il 1864 e il 1869 (coincidenza: negli stessi anni Tolstoj scrive Guerra e pace; più di un suo personaggio riflette sulle dottrine politiche di Rousseau). Le vicende del personaggio di Flaubert, Fréderic Moreau, sono intrecciate alla storia delle barricate parigine del 1848. Per Tolstoj il filosofo di Ginevra è un fratello, compagno imprescindibile per i discorsi sull’educazione e ispiratore delle più severe requisitorie contro le perversioni della modernità. Si potrebbe affermare che Rousseau è la maschera di Tolstoj politico: il nobile penitente, il grande profeta di Jasnaja Poljana. Per Flaubert, come si evince da queste belle pagine curate con grande competenza da Roberto Peverelli, Rousseau è soprattutto una maledizione. Poi, però, Flaubert, da ricercatore di stile letterario, s’inchina a Jean Jacques artista, capace di aver posto sul trono il sentimento. Rousseau è stato l’inventore d’immagini potenti: l’autentica natura umana è simile a una statua di Glauco caduta in mare e resa irriconoscibile dal lavorio delle onde e delle tempeste. Tuttavia, prima di giungere a questa verità, Flaubert non risparmia nessuna critica a Rousseau pensatore. Il senso storico del ginevrino, per esempio, sembra a Flaubert davvero insufficiente. Sulle pagine dedicate agli antichi romani e ai loro comizi, il francese annota: «Ma quando sarebbe esistito tutto questo?». Le annotazioni di Flaubert registrano poi le stravaganze di Rousseau: contrario alle strade, favorevole alle corvée, paladino di una libertà intollerante, chiaramente indifendibile. Inoltre, per Rousseau, la libertà si conserva solo poggiando sulla schiavitù. È il caso dei Greci, di Sparta in particolare, esempio molto caro a Rousseau di città virtuosa e austera. Quest’ultima idea per Flaubert non è solo stravagante. È un nodo cruciale del pensiero politico: fino a che punto ci possiamo spingere per instaurare e preservare la nostra libertà? È possibile estendere la mia libertà senza nuocere a quella degli altri? Rileggere questo «illuminato» Flaubert è un ausilio prezioso per non cedere alla follia – del mondo contemporaneo – eretta a modello comportamentale.