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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

I farmaci aumentano del due per cento

A voler ad ogni costo trovare un aspetto positivo, fosse altro per non essere arruolati per l’ennesima volta dal premier Matteo Renzi nella categoria dei “gufi”, si potrebbe dire che il rialzo è stato più contenuto rispetto ad altri periodi nel passato. Ma per gli italiani alle prese con conti domestici sempre più traballanti e con notizie dal fronte economico tutt’altro che rassicuranti, il fatto che nel 2015 la spesa farmaceutica a carico dei cittadini sia aumentata del 2,3% e non in misura maggiore difficilmente sarà motivo di grande consolazione.
Anzi. In un contesto nel quale i malati sono costretti a fare i conti con l’allungamento delle liste di attesa per esami e visite specialistiche e con l’aumento dei ticket sulle prestazioni sanitarie, che stanno rendendo l’offerta della sanità privata sempre più competitiva rispetto a quella del pubblico, il fatto di dover mettere in conto un ulteriore aumento dell’esborso per l’acquisto dei medicinali rischia di alimentare il preoccupante fenomeno della rinuncia alle cure. Inoltre, anche se ancora provvisorio perché aggiornato ai primi nove mesi del 2015, l’incremento della spesa registrato dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (OsMed) porta al 13,9% l’incidenza della compartecipazione a carico del cittadino (ticket e quota eccedente il prezzo di riferimento sui medicinali a brevetto scaduto) sulla spesa convenzionata lorda, contro il 13,3% dell’anno precedente. Numeri che testimoniano di «un fenomeno a cui assistiamo ormai da diversi anni», commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva, «cioè quello della contrazione delle risorse destinate all’assistenza farmaceutica pubblica e dell’aumento della compartecipazione al costo da parte del cittadino. Se qualche anno fa la percentuale di risorse destinate alla spesa farmaceutica sul Fondo sanitario nazionale era del 16,4%, adesso è scesa a 14,85%».
Nel frattempo, stando ai dati dell’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), la quota a carico dei cittadini tra ticket e altre forme di compartecipazione ha raggiunto quota 1,5 miliardi di euro nel 2014. E per il 2015 sembra destinata a crescere ulteriormente.
CARO-TICKET
Stando al quadro tracciato dall’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva, nel 2014 a livello nazionale i ticket per i farmaci sono aumentati in media del 4,5%, con punte del 16,2% in Basilicata e del 12,9% nella Provincia autonoma di Trento. Nello stesso periodo «è aumentata anche la spesa degli italiani per la differenza di prezzo tra il “brand” e il farmaco equivalente», sottolinea Aceti. La crescente diffusione dei farmaci generici non è quindi bastata per contenere la spesa a carico dei cittadini, «ai quali lo Stato sta chiedendo anno dopo anno di farsi carico di una maggiore fetta di costo», spiega il coordinatore del Tribunale per i diritti del malato – Cittadinanzattiva. «Questo lo si vede non solo nell’acquisto di farmaci di fascia C (completamente a carico del cittadino, ndr), ma anche da un evento sentinella: lo spostamento di alcuni farmaci dalla fascia A (gratuiti, fatta eccezione per il ticket, ndr) alla fascia C». Peccato che quest’operazione non sia sempre indolore per i cittadini. «Per una parte dei malati cronici il nuovo farmaco si può rivelare meno efficace o con più effetti collaterali di quello vecchio, e questo spostamento può significare doversi pagare il vecchio farmaco che non è più garantito gratuitamente» spiega Aceti.
OCCHIO ALLE REGIONI
In altri casi, invece, sono le Regioni ad aumentare i ticket o a rendere più stringenti i paletti che danno diritto all’esenzione. Il risultato è che «in un Paese che si sta impoverendo e nel quale la crisi morde da anni i cittadini sentono sempre di più il peso della quota a carico loro», ammette Loredano Giorni, responsabile del servizio di Assistenza farmaceutica della Regione Piemonte. A questo si sommano gli effetti di misure come la prescrizione elettronica, destinate a stringere ulteriormente i cordoni. «Con questo sistema sicuramente qualche paziente che prima non pagava il ticket ora è costretto a pagarlo», prosegue Giorni, «e anche se si tratta di un recupero di efficienza, è chiaro che anche questo ha un costo che pesa sul cittadino».
NORD E SUD
«C’è sicuramente stato un aumento della compartecipazione dei cittadini», conferma Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil. «Questo evidenzia come alla riduzione della farmaceutica territoriale sia corrisposto un maggiore carico sui pazienti». Che poi in non tutte le Regioni la situazione sia la medesima, nessuno lo mette in dubbio. Basti pensare che se in Puglia (31,6), Campania (32,1) e Sicilia (31,4) il costo pro capite per ogni cittadino del ticket sui farmaci supera i 30 euro, in Lombardia si ferma a 26,8 euro, in Toscana a 17,4 euro e in Emilia Romagna a 16,6. Inoltre, «in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana sono esenti dal ticket tutti i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione e quelli in mobilità, mentre nella Provincia autonoma di Trento sono ad esempio esenti da i figli a carico a partire dal terzo», spiega Aceti. «Ad ogni modo sul fronte dei ticket farmaceutici siamo in una vera e propria giungla di normative adottate dalle singole Regioni, il cui effetto è quello di creare differenze anche notevoli tra i cittadini». Nessuna sorpresa, quindi, che, come rilevato da Cittadinanzattiva nel 2015, il 7,2% degli italiani abbia rinunciato a curarsi per motivi economici, liste di attesa e ticket. Una percentuale che arriva a superare l’11% (siamo all’11,2%) nelle regioni del Sud del Paese, ma che anche al Centro (7,4%) e al Nord il (4,1%) è tutt’altro che rassicurante.