Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

E poi i vaffa di Airoli, il zalone-pensiero di Malan e l’inferno di Calderoli

Fino all’ultimo minuto, e facendo proprio il rischio di una sfumatura di qualunquismo, la voglia era di sposare, se non le coppie gay, almeno la chiosa di Alberto Airola: «Ma andate aff...». Così aveva concluso l’intervento il cinque stelle torinese, proveniente da una settimana in cui era stato accusato di altissimo tradimento per avere detto no, in nome del suo gruppo, al mega canguro con cui si sarebbe votata la legge comprensiva di stepchild adoption. 

Una giustificazione piuttosto estrosa che il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, ha offerto anche ieri sera: non potevamo più correre il rischio, ha detto, di vanificare tutto il lavoro per l’inaffidabilità grillina. A parte la novità di una maggioranza che basi i suoi successi su opposizioni collaborative (peraltro già individuate nel drappello di Denis Verdini), le parole di Zanda erano sembrate la perfetta conclusione di alcune settimane più nove ore di discussione (quelle di ieri) in cui non si è discusso di nulla, se non di strategie e trucchi procedurali.
Una giornata di patti sottobanco o dietro le quinte sfumati in reciproche accuse di fellonia, emendamenti messi e tolti, canguri e ironie zoologiche che hanno indotto a inserire nel pantheon del Senato i maiali, le capre, i polli, le quaglie, gli struzzi, i topi e i cani, ieri nella razza mignon dei chihuahua (aggiunta del leghista Gianmarco Centinaio).
Così la buonissima notizia del primo pomeriggio, dopo una mattinata di supplizio ad ascoltare il nulla in un’aula semivuota, è venuta dalla sospirata vittoria del partito del trolley, quella stragrande maggioranza attenta alla democrazia, ma anche agli orari di treni e aerei: discussione generale ridotta, dichiarazioni di voto sulla fiducia anticipate dalle 17,20 alle 16, e dunque voto finale ad ampia disposizione dei tg serali. Buonissima notizia perché fin lì ci si era aggrappati come naufraghi ai pochi ghiribizzi di senatori obbligati alla testimonianza, ma esclusi dalla ciccia, fra canguri e fiducie. Primo premio a Lucio Malan in elevato richiamo al pensiero di Checco Zalone: «Gli uomini sessuali sono gente tali e quali, come noi, noi normali». Al secondo posto suo malgrado va Monica Cirinnà perché, quando si è alzata a parlare, uno ha chiesto silenzio: «Parla Cirinnà!». «Ex Cirinnà», ha commentato un genio. E poi si danno per piazzati Roberto Calderoli (una garanzia) per il tenero e consapevole umorismo da settimana enigmistica («Angelino... Angelino... Ti chiamerò Diavolino...») e da oratorio bergamasco («Chi vota sì va all’Inferno, sicuro: attenti che San Pietro controlla i tabulati»), oltre a Maurizio Gasparri («sto vedendo esegeti della Chiesa che l’ultima volta che hanno visto una chiesa era il giorno del battesimo») e ad Annamaria Bernini, capace di risvegliare dal torpore i pur volenterosi cronisti con una impetuosa variante sul luogo comune: «Frustino e carota». Infine merita una segnalazione Maurizio Romani, ex M5S ora del Movimento X, che ripassava il suo testo mentre parlava Gasparri, e gesticolando, e provando le mossette, e i tempi, e in effetti l’incipit si è poi dimostrato a suo modo folgorante: «Questa per me sarà una giornata che lascerà l’amaro in bocca a molti». In tema. 

Dunque, c’era una ragione per biasimare il simil-canguro ottenuto dal partito del trolley? Aveva un senso esistenziale, o almeno da diporto, ascoltare Lucio Barani – capogruppo di Ala, cioè di Denis Verdini – spiegare che «siamo scesi in campo per garantire una legge di civiltà», dopo aver rassicurato che «non si barattano voti con posti di governo» (questa bisogna che ce la segniamo, può tornare utile)? E così, dalle nove e mezzo di mattina, erano trascorse otto ore abbondanti, occupate dal vuoto, dalla goliardia più sterile, dall’ovvio cazzeggio sperando di attraversare indenni la giornata e chiuderla in appoggio, giocosamente, con l’esortazione di Airola: «Ma andate...». Invece, e fortunatamente, era valsa la pena aspettare tutto quel tempo e sentire Maurizio Sacconi intervenire in dissenso dal suo gruppo, che è il Nuovo centrodestra, per motivi «di merito e di metodo». E, soprattutto, per sentire Luigi Manconi dare una lezioncina ai colleghi senatori, e in particolare a quelli del Pd: «La dignità, compresa quella della persona omosessuale, non può andare a intermittenza. La dignità è o non è». Bisognerebbe che ognuno se lo incidesse sul banco.