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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

La vagabonda di Prada, la sfacciata di Max Mara e la militare poetica di Costume National. Sulle passerelle di Milano

Miuccia Prada la definisce una vagabonda della vita. Una che ama girovagare fra gli stati d’animo e la sua natura complessa: sexy, dura, lasciva, debole, forte, ingenua, sbarazzina, stanca, eccitata. Non che non sappia chi è, anzi. È chi ha deciso di essere in quel momento, anche indossando qualsiasi cosa che racconti comunque una storia che sia un piccolo libro diventato collana, il cappello da marinaio, il collo di volpe, la camiciona hawaiana, l’anfibio ribelle, le calze di lana operata.
La vagabonda di Prada non ha mezze misure, è terribilmente esagerata nelle sue stratificazioni che sono esternazioni di passioni: i cappotti di broccato con applicazioni di sete con le bellissime stampe di Chemin (nature, volti, cieli, personaggi), i blouson colorati, gli abiti longuette scivolati e a tinte accese, i calzerotti con gli stivaletti, i pastrani di tweed vagamente militari serrati da bustier di cotone bianco, giacche divisa dai colli che si staccano, gonnellone midi a ruota dalle fantasie e dai patchwork più incredibili, le piccole borsette/scatola. La lunghezza è quella seriosa, da signora, ben sotto il ginocchio. La silhouette molto scenografica, un po’ anni Quaranta e Cinquanta. Manca forse solo un po’ di leggerezza e di ironia a questa vagabonda. La licenza di libertà che la stilista le ha concesso non le fa dire basta, come darle torto?
E se Antonio Marras per la sua Isola Marras racconta di Lilija che era l’amante di Majakovski e la veste di abitoni a fiori e fazzoletti in testa, scomoda il costruttivismo e il dadaismo e gli Anni Venti e quel gruppo di donne intelligenti e sfacciate e fiere (da Lybov Popov a Hannah Hoch a Natalia Goncharova) la moda di Max Mara. E le ispirazioni non deludono la passerella dove donne forti e con personalità incedono meravigliose avvolte nei loro grandi cappotti maschili sopra a piccoli pezzi lingerie come un paio di coulotte di paillettes e la canotta di cashmere o seduttivi pagliaccetti di maglia. Poi tute e gessati spezzati, abiti sottoveste squadrati e picot dalle grandi tasche a contrasto. Pellicce a intarsi geometrici stile Bauhaus e pastrani lunghi alla caviglia. I cammello e i grigi del dna, ma anche bentornata creatività.
Non è il compito della moda «anticipare»? Non ci stupisca allora se alla sfilata di Fendi Silvia Venturini, la stilista, con orgoglio dice che le onde d’ispirazione che corrono lungo tutta la sfilata non sono semplici onde ma «onde gravitazionali», proprio come quelle scoperte poche settimane fa a conferma della teoria di Einstein. Ma una collezione non è pensata mesi e mesi prima? Tempistica perfetta. In orizzontale e verticale, nelle lavorazione e ai bordi, nelle stampe e negli intarsi: eccole queste onde che rendono romantiche pelli e pellicce, tweed e sete. Ovunque sfiziose parigine di nappa sotto a short, mini abiti, vesti scivolate, completi midi, pantaloni al polpaccio, cappe, gonne plissé. Fortissimamente Pucci da Pucci: Massimo Giorgetti prende il comando di stampe e colori e comincia a guidare. Sono i primi anni del marchese quelli che hanno affascinato «il ragazzo», così lo sci: piumino e panta tecnici, legging e felpe, scamiciati e maxipull. La nuova stampa «montagna» con un tocco stellare.
Da Costume National la giacca militare si indossa con la blusa con le ruche e il completo maschile è di raso o di velluto di seta. Attitudine poetica e abiti senza tempo. Sovrapporre è il suggerimento contro gli imprevisti del tempo e i desideri del momento. Tutto è fluido. Scivolato. Meno aggressivo del solito. Piu Japan e meno rock. Rassicurante, come ai vecchi tempi. Da Les Copains sono gli Anni Quaranta e Marlen Dietrich e un incontro fra maschile (tweed) e femminile (ricami) ben equilibrato dalle maglie che sono la tradizione e che oggi sono la nuova divisa da lavoro, indossate con le ampie gonne al ginocchio.
Da Luisa Beccaria gran bel lavoro sulla bellezza e sugli strumenti per regalarla: bluse morbide che lasciano le spalle scoperte sopra a corsetti gilet strutturati e gonne morbide; felpe di mohair; cappotti vestaglia di velluto che sembrano maglie; crinoline e tartan per la sera. Rocco Barocco, infine: c’è Fabrizio Corona ma sono le sfilate donna, dunque perché non parlare di gonne? Vaporose e leggere e divertenti quando sono di piumino stampa tweed.