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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

Agenti in borghese all’università per proteggere Panebianco

A lezione con gli agenti. La vigilanza decisa nei confronti del professor Angelo Panebianco non sarà certo una scorta a tempo pieno. Ma qualche inconveniente ci sarà, a cominciare da un accorgimento che rappresenta un debutto nella veneranda storia dell’Alma Mater. L’editorialista del Corriere della Sera verrà seguito a distanza in occasione degli incontri pubblici, comprese le lezioni in aula. Per evitare la brutta vista dei poliziotti in divisa che si aggirano nei corridoi, il dispositivo di prevenzione prevede che vestano in borghese.
Al netto dell’abbigliamento degli agenti, la sostanza non cambia. L’unico effetto prodotto dalle due intimidazioni, contestazioni, in qualunque modo le si voglia chiamare, consiste in qualche paletto fissato intorno alla libertà personale di Panebianco. Non si registrano altri fatti concreti, se non il perseverare di una protesta ad personam nella quale i collettivi universitari intravedono ormai il beneficio di una notorietà che non corrisponde ai loro numeri reali. Non erano certo una folla, i militanti del Collettivo universitario autonomo che ieri mattina ha preso possesso per un paio d’ore della sala della vicepresidenza di Scienze Politiche. Una decina di studenti accompagnati da un paio di compagni più grandi ha discusso in modo acceso con il prorettore Mirko Degli Esposti, al quale hanno chiesto conto di varie questioni di politica internazionale, queste ultime declinate con toni e decibel che non ammettevano repliche.
«A voi» ha invece detto il docente «piacerebbe una università fatta in bianco e nero, da una parte gli studenti assetati di libertà e contro la guerra, dall’altra parte un mondo accademico pieno di vecchi baroni corrotti e guerrafondai. Vi state sbagliando. Non è così. Noi siamo una comunità libera, abbiamo un pensiero libero». I militanti del Cua promettono nuove contestazioni per lunedì, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, e anche di questo si è occupato il Comitato per l’ordine pubblico che si è riunito in Prefettura. Non è stata presa nessuna misura d’eccezione. Le strade intorno all’Aula Magna saranno chiuse come di consueto. All’interno l’Ateneo si limiterà a chiedere agli uscieri del rettorato di alzare il loro livello di attenzione per evitare sorprese e intrusioni.
«Panebianco, cuore nero». Lo slogan è stato scandito dai 16 militanti di Hobo che a metà pomeriggio sono usciti dalla facoltà di Scienze Politiche per bloccare strada Maggiore impedendo il passaggio di un paio di bus. Il collettivo, autore della seconda contestazione e ormai da due anni impegnato in una personale crociata contro il professore bolognese, ha messo in rete una auto-intervista, ovvero «tutto quello che i media avrebbero voluto sapere e hanno osato chiedere». Pare giusto riportare i passaggi più significativi, a cominciare dall’audace paragone tra Panebianco e il califfo dell’Isis. «Cosa direbbe lui se in una università italiana venisse invitato Al Baghdadi? Si schiererebbe a fianco della libertà di espressione? Facciamola più semplice: perché deve parlare lui e noi stare zitti?».
Lo scarso gradimento raccolto tra gli altri studenti dell’università ha generato un’altra riflessione degna di nota e anche di qualche gesto scaramantico. «Gli studenti come categoria universale non esistono. Noi siamo degli studenti, ci sono altri studenti. Alla lezione di Panebianco ce n’erano pochini, un paio hanno detto che a loro la carriera e far bella figura all’esame interessa più di bombe e cannoni. Chissà cose ne pensano se malauguratamente domani dovessero trovarsi in qualche Bataclan al momento sbagliato». Forse è il caso di chiuderla qui.