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 2016  febbraio 26 Venerdì calendario

Cos’è successo ieri in Aula, dal fantasma di Alfano al «buco nel cuore» della Cirinnà

I protagonisti di questa giornata abbastanza memorabile sono tre: Monica Cirinnà, Denis Verdini e un fantasma.
Il fantasma ha un lieve accento siciliano, è alto, stempiato, in ghingheri.
Il fantasma di Angelino Alfano.
Che compare e scompare.
Adesso è ricomparso alla buvette.
I senatori sorseggiano caffè al sapore di cicoria cattivi come nemmeno a Guantanamo e parlano di lui. Quelli di Area popolare ne tessono le lodi, dicono che il loro capo ha saputo trattare magnificamente, s’è fatto stralciare stepchild adoption e «dovere di fedeltà», un vero capolavoro.
Poi arriva Carlo Giovanardi (molto carico).
«Alfano? Vuol sapere cosa penso io di Alfano?».
Il capogruppo della Lega, Gianmarco Centinaio, dice che ha tradito per trenta denari.
«Sbaglia. Ha tradito il popolo del Family day per molto di più. Eh... Me lo ricordo anche io Schifani sotto al palco...».
Applaudiva convinto.
«Solo che, proprio in quelle ore, il suo capo trattava con Renzi gratifiche, prebende... Ha chiesto e ottenuto un ministero e non so più nemmeno quanti posti da sottosegretario...».
Decisivi anche i voti dei verdiniani.
«Certi del Pd dicono che ai verdiniani non andranno in premio posti “evidenti”, ma posti di “potere”... Ha presente quel sottobosco che conta tantissimo? Consigli di amministrazione, municipalizzate... È lì che Denis Verdini piazzerà i suoi. Del resto, Matteuccio e Denis si sono allenati in Toscana. I loro, purtroppo, sono intrecci antichi...».
Denis Verdini, grazie al cielo, non sente.
Per entrare nell’emiciclo sta facendo il giro largo con i suoi passi felpati, i soliti mocassini di velluto blu (a questo punto, osserva una cronista, è chiaro che deve averne una collezione), la solita criniera perfettamente spazzolata, il solito sguardo che ti punta addosso, qualcosa a metà tra una smorfia di simpatia e un ghigno severo: scansati, ti conosco, non ci casco.
Si siede nel suo scranno e la senatrice di FI Maria Rosaria Rossi, detta «la badante di Berlusconi», sale a bisbigliargli qualcosa (e chissà cosa: l’ex generale berlusconiano conosce mille segreti, a Palazzo Grazioli poteva tutto, compreso – accadde in un indimenticabile pomeriggio – perdere la pazienza e stringere al collo un terrorizzato Renato Brunetta).
Ora prende la parola il capogruppo di Ala, Lucio Barani.
Questo Barani è un ex socialista, sfoggia un garofano rosso nel taschino della giacca, e davanti al microfono – per annunciare che il suo gruppo verdiniano voterà la fiducia al governo – si mette pure un po’ di sguincio (tipo Bettino Craxi, se ricordate).
S’alza un gridaccio: «Tornatene ad Hammamet!».
Grillini nervosi.
Molto nervosi.
Alberto Airola (ormai nella parte del duro): «State per approvare una schifezza! Andatavene tutti affanculo!».
Lello Ciampolillo: «Unioni civili, dove si può assumere il cognome del proprio compagno ma si può anche andare tranquillamente con dieci uomini, come sognano di fare i catto-comunisti... Ecco la legge Cirinnà!».
Lei, la Cirinnà, ha occhiaie profonde. È stanca, emozionata, la gioia soccombe sotto un’amarezza profonda. «Quello stralcio resta un buco nel mio cuore».
Messaggi alla galassia Lgbt e alle famiglie Arcobaleno che, il 5 marzo, manifesteranno qui, a Roma, in piazza del Popolo: contro questa legge e anche contro di lei.
Contro di lei, già.
Si sentono traditi.
Ancora la Cirinnà, con voce tremante: «Abbiamo sconfitto il partito incolore dell’immobilismo...».
Passa la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli sottobraccio a Giorgio Napolitano. Maurizio Sacconi confessa la tentazione di lasciare Ncd. Riccardo Villari prosegue la marcia di riavvicinamento al Pd: «Mi piace il pragmatismo di questo governo». Si volta il verdiniano Giuseppe Ruvolo: «E anche a noi di Ala piace... Stiamo facendo una battaglia per la modernità... Solo che la facciamo in piedi. Perché le poltrone sono tutte occupate» (oggettivamente strepitoso).
L’atmosfera non è granché solenne.
Quelli della minoranza Pd sfilano via a capo chino, ma zitti, senza la solita voglia di polemizzare. Polemizza invece Maurizio Gasparri di FI, definisce la Boschi «un postino», ne mima le movenze femminili. Gaetano Quagliariello non ha voglia di ridere: «Verdini? Alfano? Finito di mungere la vacca Berlusconi, sono passati a Renzi».
Applausi in Aula.
La legge è stata approvata.
Buvette.
Due senatori di FI sono già al quarto prosecco (evitiamo i cognomi per rispetto delle famiglie).
In corridoio, da solo, il saggio e potente Ugo Sposetti. «Ci pensa? Noi del Pd, alla fine, questa legge l’abbiamo votata tutti... Tutti, tranne lui: Matteo Renzi».