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 2016  febbraio 25 Giovedì calendario

L’Italicum finisce all’esame della Consulta. E ora cosa succede? Domande e risposte per capirne di più

La legge elettorale, l’Italicum, finirà all’esame della Corte costituzionale. Lo ha deciso il Tribunale di Messina che ha dichiarato non infondate 6 delle 13 questione di illegittimità che erano state depositate dal Comitato per la democrazia costituzionale. I giudici dello Stretto hanno così battuto sul tempo i colleghi degli altri 17 tribunali dove sono stati depositati dei ricorsi analoghi dal comitato coordinato da Felice Besostri. Si ripete così uno schema politico-procedurale che portò all’esame del Porcellum da parte della Corte e alla sua bocciatura.
Un iter veloce, quindi. E che non servirà aspettare molto per la decisione lo spiega subito il neo presidente della Consulta, il fiorentino Paolo Grossi: «Penso che si possa arrivare in un tempo ragionevolmente breve a qualche cosa di definito».
I giudici messinesi hanno deciso che la Consulta dovrà pronunciarsi sul alcuni nodi dell’Italicum. A partire dalla questione di una soglia minima per accedere al ballottaggio. I ricorrenti, infatti, fanno notare che si potrebbe verificare una situazione di frammentazione politica per cui andrebbero al ballottaggio due forze politiche premiate solo il 20 per cento dei voti.
Il meccanismo dell’Italicum a quel punto prevede il secondo turno e l’assegnazione di 345 seggi al vincitore. E questo viene ritenuto incostituzionale dai ricorrenti. Ma anche il premio di maggioranza viene considerato contrario ai principi costituzionali, perché lede il «principio di rappresentanza democratica». Nel mirino sono finite anche la norma che prevede 100 seggi bloccati per i capilista e la relativa «impossibilità di scegliere direttamente e liberamente i deputati».
«Spero che quello di Messina sia soltanto il primo – ha detto Besostri – e che magari alla fine la questione di costituzionalità giunga alla Consulta su tutte e 13 le obiezioni». Soddisfatti anche i grillini che hanno firmato il ricorso. Il rinvio dell’Italicum alla Consulta, spiega il gruppo della Camera, «rafforza la nostra convinzione che la legge sia incostituzionale». Scettico e perplesso, invece il ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Non mi stupisce. Siamo in Italia, dove una legge prima di diventare vigente è già mandata alla Consulta».

Silvio Buzzanca


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Toto Italicum, come fu toto Porcellum tra 2013 e 2014. Si apre una nuova gara tra la Consulta e la politica sulla legge elettorale. C’è chi scommette che vincerà l’Italicum, chi punta su Felice Besostri e il gruppo di avvocati che ha lanciato la maratona dei ricorsi.
Che cosa rischia l’Italicum, la legge che ha preso il posto del porcellum caduto per mano dei giudici costituzionali?
Se dovessero prevalere i dubbi dei giudici di Messina il nuovo sistema elettorale potrebbe essere scalfito in alcune sue parti importanti. Come la mancanza di una soglia minima per accedere al ballottaggio, l’entità del premio di maggioranza, l’elezione garantita per i capilista. A questo si aggiunge, secondo Besostri e i suoi colleghi, l’irragionevolezza, a Costituzione invariata, di fare una legge elettorale che vale solo per la Camera dei deputati e non per il Senato. Per di più, nel ricorso viene impugnato uno dei residui del Porcellum, le soglie di accesso per il Senato – 8% liste singole, 20% coalizioni – che il giudice di Messina ha ritenuto eccessive e irragionevoli.
Se la Consulta dovesse accogliere le eccezioni di costituzionalità sollevate da Messina, l’Italicum resterebbe in piedi o sarebbe irrimediabilmente azzoppato?
Per costante giurisprudenza una legge elettorale deve rimanere sempre applicabile perché altrimenti, se si dovesse votare all’improvviso, non si saprebbe con che norme farlo. Di conseguenza, gli eventuali annullamenti della Consulta dovranno essere chirurgici, cioè dovranno essere eliminate le parti “malate” dell’Italicum, cioè quelle non costituzionali, lasciando in piedi quello che Besostri definisce «uno scheletro normativo autosufficiente».
Referendum sulla riforma costituzionale Boschi e decisione della Consulta per l’Italicum. Chi arriverà prima?
Non ci sono tempi certissimi perché l’ordinanza di Messina dev’essere prima notificata al presidente del Consiglio, a tutte le parti del giudizio di Messina, e comunicata ai presidenti di Senato e Camera. Poi l’intero fascicolo sarà trasmesso alla Consulta e l’ordinanza pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Da quella data decorrono i termini per le parti interessate per costituirsi davanti alla Corte. Che dovrà fissare l’udienza pubblica di discussione. Queste formalità richiedono almeno un paio di mesi, ma spesso ne passano anche quattro o sei, com’è successo di recente per la legge elettorale europea, dove sono stati necessari sei mesi per farla arrivare alla Consulta.
Che succede se, dopo Messina, anche gli altri tribunali dove sono stati presentati i ricorsi dal gruppo di avvocati anti Italicum coordinati da Besostri si rivolgono alla Consulta?
Accadrà che le varie ordinanze eventualmente emesse, se giungono alla Consulta nell’arco di un paio di mesi, verranno raggruppate. A quel punto saranno discusse e decise tutte assieme, con un ulteriore aggravio nei tempi.
Ipotizziamo che i principali punti di incostituzionalità siano accolti, a partire dalla mancanza della soglia minima per accedere al ballottaggio. A quel punto che succede?
L’Italicum prevede che se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti validi al primo turno, le due liste comunque più votate, indipendentemente dalla percentuale che raggiungono in assenza di una soglia minima, vadano a un ballottaggio. Ma se questa previsione fosse bocciata dalla Consulta non ci sarebbe più ballottaggio, né di conseguenza l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista vincente.
Il premio di maggioranza, cioè avere 340 seggi indipendentemente dai voti ottenuti, è fortemente contestato nei ricorsi come un’alterazione della rappresentanza. Se l’eccezione fosse accolta dalla Consulta che conseguenze ci sarebbero?
I seggi dovrebbero essere attribuiti con il sistema proporzionale, cioè dati in proporzione ai voti ottenuti dalle singole liste che superino la soglia di accesso del 3%. In pratica si direbbe addio al maggioritario per tornare al vecchio proporzionale.
Che destino avranno i capilista, che l’Italicum pone in posizione esclusiva e di cui quindi assicura l’elezione se la lista raggiunge il quorum, nel caso in cui la Consulta accolga il quesito di Messina?
Quel capolista non avrà più l’elezione assicurata ma dovrà competere con tutti gli altri candidati. Secondo Besostri sarà eletto “democraticamente” colui che raggiungerà il maggior numero di preferenze.
Liana Milella