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 2016  febbraio 25 Giovedì calendario

La signora Alma Azzolin, casalinga di Trescore Balneario, in provincia di Bergamo, s’è presentata ieri al processo contro il muratore Massimo Bossetti, accusato di aver assassinato la bambina Yara Gambirasio, e ha testimoniato quanto segue: «Tutti i martedì e i giovedì mattina, verso mezzogiorno, accompagnavo mia figlia agli allenamenti della sua squadra di ciclismo che partivano proprio dal centro sportivo di Brembate Sopra

La signora Alma Azzolin, casalinga di Trescore Balneario, in provincia di Bergamo, s’è presentata ieri al processo contro il muratore Massimo Bossetti, accusato di aver assassinato la bambina Yara Gambirasio, e ha testimoniato quanto segue: «Tutti i martedì e i giovedì mattina, verso mezzogiorno, accompagnavo mia figlia agli allenamenti della sua squadra di ciclismo che partivano proprio dal centro sportivo di Brembate Sopra. Quella mattina avevo parcheggiato negli spazi esterni al cimitero, che sta proprio lì di fronte. È arrivata una station wagon grigia. L’uomo alla guida aveva occhi chiarissimi e mi ha fissato con insistenza. Poi ha fatto un giro con la sua macchina ed è andato a piazzarsi vicino alla siepe che delimita il parcheggio. Proprio in quel momento è arrivata una ragazza che avrà avuto 13, 14 o 15 anni e indossava una maglietta rosa scuro, salmone scuro e aveva le gambe scoperte ma non ricordo che pantaloncini avesse. La ragazza aveva i capelli lunghi, mossi: è arrivata correndo e si vedevano ondeggiare. E poi è salita in auto». Avvocato Pelillo, di parte civile: «Perché l’uomo della station wagon l’ha così colpita?» Azzolin: «Perché aveva gli occhi talmente chiari che mi sembravano bianchi, come una volpe che avevo visto quell’agosto». Avvocato Pelillo: «Ha più incontrato quell’uomo?». Azzolin: «Sì, al supermercato Eurospin di Brembate Sopra. L’ho riconosciuto, ma quella volta mi ha colpito meno perché era intento a fare altro e non mi ha fissato». Avvocato Pelillo: «Riconosce in quest’aula l’uomo della station wagon?» Azzolin: «È il signor Bossetti». Azzolin è stata anche controinterrogata dalla difesa. Ha detto che, pur avendo visto la ragazzina dai capelli solo per un attimo, ha notato che in bocca portava l’apparecchio. Avvocato Camporini: «Era Yara quella ragazzina?». Azzolin: «Per me sì».

Bossetti ha effettivamente una station wagon grigia. E Yara portava l’apparecchio per i denti.
I difensori di Bossetti hanno subito lavorato sui martedì e giovedi del periodo compreso tra la metà di agosto e l’inizio dell’anno scolastico, quello indicato dalla Azzolin. L’unico giorno coerente con quanto ha testimoniato la signora - dicono - è il 9 settembre. La Azzolin ha detto che la volta dell’incontro il tempo era bellissimo. Invece il 9 settembre è piovuto. I difensori sostengono anche, e promettono le prove, che Bossetti era comunque a pranzo molto lontano dal cimitero e dalla palestra di Brembate Sopra nei martedì e i giovedì del periodo considerato.  

Quindi, niente? Bossetti la farà franca?
A far domande in questo modo si potrebbe pensare che lei è colpevolista. Non sia colpevolista, e non sia neanche innocentista, sono atteggiamenti mentali sbagliati. Ieri si sono presentati a testimoniare anche Ester Arzuffi, la madre, e Fabio, il fratello di Bossetti. Si sono avvalsi tutti e due della facoltà di non rispondere. Suppongo che Ester abbia voluto evitare nuovi tormenti sulla sua relazione con Giuseppe Guerinoni, il padre naturale dell’imputato. La moglie Marita ha invece accettato di parlare. Interrogatorio centrato sui siti porno. Sì, ha detto, ogni tanto andavamo a vedere siti porno, qualche volta lui da solo, qualche volta insieme, qualche volta io da sola. No, non abbiamo mai cercato video con bambine o adolescenti. Bossetti a questo punto è esploso, «Basta, è intollerabile».  

Che cosa dobbiamo pensare?
L’accusa ha l’aria di muoversi con una certa disperazione. La sensazione è che il castello accusatorio stia crollando, nonostante la teste di ieri, piuttosto dubbia.  

Non c’è il dna di Bossetti sui legging di Yara, elemento chiave del processo?
L’esame dei legging di Yara è avvenuto in assenza dei difensori di Bossetti, che all’epoca non era ancora stato individuato. Siamo dunque fuori dalle garanzie a cui un imputato ha diritto. Gli inquirenti potevano almeno filmare le fasi dell’esame ma non l’hanno fatto. A domanda, i carabinieri del Ris non sanno spiegare che reagenti abbiano usato («non ce lo ricordiamo»). Di tracce organiche non ne esistono neanche più, sono state tutte consumate negli esami iniziali. Come ha scritto qualcuno, a questo punto, per condannare Bossetti, bisogna fare un atto di fede nell’accusa. Senonché, nelle scorse settimane, s’è scoperto che l’accusa ha montato a esclusivo beneficio della stampa un video di furgoni Iveco Daily dai quali si evincerebbe che Bossetti ha passato la sua vita a far su e giù davanti alla palestra di Yara. Tutti filmati falsi, montati - parole dei carabinieri - «per esigenze di comunicazione». Quando l’investigatore privato Ezio Denti ha smontato l’attendibilità delle uniche due immagini di furgoni considerate dal pubblico ministero ancora spendibili e portate quindi in aula, la pm Letizia Ruggeri, invece di controbattere nel merito, ha dato del delinquente a Denti, poi voleva sapere se fosse laureato, gli avvocati stavano quasi per venire alle mani, il giudice ha dovuto sospendere l’udienza. Non è un comportamento lineare, diciamo, specie se ci si chiede un atto di fede sul dna mitocondriale non più esistente.  

Da quanto tempo Bossetti è in carcere?
Saranno due anni a giugno. E non si capisce perché non lo lasciano uscire, dato che non può più inquinare le prove né ripetere il reato né fuggire all’estero. Scrive molto, l’imputato, e ha mandato anche una lettera ai genitori di Yara, pregando il suo avvocato di consegnarla «quando lo riterrà opportuno».