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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

Se Cats finisce all’Opera

Qui davvero basta la parola, anzi il titolo:Cats. È uno degli spettacoli più visti della storia: 30 produzioni, 300 città, 73 milioni di spettatori. Debuttò a Londra nel 1981, fra pessimi auspici e scetticismo generale: il New London Theatre aveva una consolidata fama di portare scalogna, i finanziatori latitavano, la protagonista Judi Dench si ruppe il tendine d’Achille prima della prima e venne sostituita in corsa da Elaine Page. E invece fu subito trionfo. Nel West End lo show restò in scena per 21 anni di fila, fino al 2002: 8.949 recite. A Broadway, un po’ meno ma sempre moltissimo: 18 anni e 7.485 repliche. 
Altre cose fondamentali da sapere: l’autore è Andrew Lloyd Webber, oggi barone e pari del Regno per meriti musicali, che trasse il soggetto da un libro di Thomas Stearns Eliot, quello di Assassinio nella cattedrale. Titolo: Old Possum’s Book of Practical Cats, qualcosa come «Il libro dei gatti tuttofare». Ma in realtà erano poi le filastrocche che il poeta gattofilo inventava per i nipotini. I versi di Memory, la canzone feticcio, hit planetaria, calamita per ogni genere di voi, dalla lirica al pop, sono del regista della produzione originale, l’illustre shakespeariano Trevor Nunn. 
Adesso i gatti più famosi del mondo cantano e ballano in Italia: finite le recite al Carlo Felice di Genova, iniziano domani quelle al Regio di Torino (fino al 28), poi arrivano le tappe di Milano (agli Arcimboldi dal 2 al 6 marzo) e di Bologna (all’Unipol Arena di Casalecchio, il 17 e 18 marzo). Colpisce che due delle quattro sale siano dei teatri d’opera e pure illustri. 
Certo, il Regio al momento è vuoto, perché tutti sono partiti in tournée a Hong Kong e importare Cats permette di colmare un buco nel cartellone. Ma resta il fatto che vedere il musical a casa dell’opera è sempre più frequente. Alle volte, il confine fra i generi è già ambiguo di suo. Porgy and Bess di Gershwin, per esempio, cos’è, opera o musical? Nel dubbio, lo si fa sia a Broadway che alla Scala, anche il prossimo settembre. Idem, Bernstein: nessuno si stupisce se West Side Story è in programma al Festival di Salisburgo, e con Cecilia Bartoli come Maria. E Show Boatdi Jerome Kern, che «nasce» senz’altro come musical, è da sempre nel repertorio nei teatri lirici americani.
C’è poi il caso di Stephen Sondheim: il musical Sweeney Todd (sì, lo stesso portato al cinema dalla coppia superdark Tim Burton e Johnny Depp, rispettivamente regista e protagonista) debuttò a Broadway, però è presenza fissa nelle stagioni d’opera, anche con star come Bryn Terfel o Thomas Allen nella parte del barbiere assassino. Quest’anno, è in cartellone nei teatri lirici di Auckland, Friburgo, Lucerna, Portland, Modesto e al festival di Glimmerglass.
Lo Châtelet di Parigi ha addirittura costruito sulla commistione musical-opera le sue attuali grandi fortune. È il teatro musicale di Parigi (dipendente dalla città, non dallo Stato come l’Opéra), da sempre specializzato in un repertorio più leggero, per esempio Offenbach. Ora il suo direttore, Jean-Luc Choplin, ha importato in Europa, con gran successo, il teatro di Sondheim. E, più in generale, si è messo a fare il musical come se fosse opera, quindi in lingua originale e con grandi orchestre, voci «liriche» e registi importanti, per esempio Robert Carsen per My Fair Lady eSingin’ in the Rain.
Viene quindi un sospetto. Di opere contemporanee, per carità, se ne continuano e scrivere, spesso anche belle e talvolta bellissime. Ma hanno il consueto problema della musica contemporanea: il pubblico. Non c’è, o se c’è è ancor più di nicchia di quanto non sia quello dell’opera tout-court. E se fosse il musical, la vera opera lirica contemporanea?