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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

Perché De Gaulle disse no agli inglesi

A proposito del referendum sulla permanenza dell’Inghilterra nella Unione europea, mi sono ricordato che verso la fine degli anni Sessanta il generale De Gaulle metteva in guardia gli europeisti di allora, dichiarando senza mezzi termini come l’Inghilterra fosse «il cavallo di Troia degli Usa» in Europa. Alla luce di quanto poi è accaduto, ritengo che il generale non avesse tutti i torti: l’Europa, grazie anche all’impegno inglese, è diventata sempre più America-dipendente, sostenendo la sua spesso dissennata politica estera. E ora l’Inghilterra, per continuare a gratificarci con la sua presenza, pretende pure di imporci condizioni (a mio avviso) incompatibili con i principi della Ue.
Bruno Gaggiotti
Caro Gaggiotti,
De Gaulle non aveva torto e il negoziato degli scorsi giorni sullo status della Gran Bretagna nell’Unione europea conferma che Londra non intende rinunciare al suo rapporto «speciale» con gli Stati Uniti. Ma il quadro non sarebbe completo se non ricordassimo le ragioni per cui alcuni Paesi europei, in quegli anni, furono favorevoli all’ingresso della Gran Bretagna nella Comunità economica europea. Quando tornò al potere, nel maggio del 1958, il generale non nascose che il suo principale obiettivo era quello di restituire alla Francia, per quanto possibile, il suo ruolo di potenza mondiale. Capì che il Mercato comune rappresentava un traguardo a cui sarebbe stato assurdo rinunciare, ma volle che le competenze dell’Europa restassero confinate all’economia e che la Francia fosse libera di valorizzare se stessa grazie a una fitta rete di rapporti bilaterali.
Volle il completamento del progetto nucleare avviato dai suoi predecessori per la costruzione di una force de frappe nazionale. Riconobbe la Cina Comunista. Propose la costituzione, nell’ambito del Patto Atlantico, di un direttorio composto dalle tre maggiori potenze (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti); e quando la sua proposta fu respinta decise che la Francia sarebbe uscita dall’organizzazione militare integrata del Patto Atlantico. Lanciò segnali di amicizia verso l’Unione Sovietica. Denunciò la guerra del Vietnam. Creò l’asse franco-tedesco. E durante un viaggio in Canada, nel 1967, sembrò addirittura auspicare la secessione del Québec. Molte di queste iniziative erano lungimiranti, ma sempre formulate in una prospettiva nazionale. Se De Gaulle avesse dichiarato che la «force de frappe» era destinata a diventare un giorno l’arma nucleare dell’Europa, sarebbe stato più facile per alcuni Paesi europei, fra cui l’Italia, sostenere la sua politica internazionale. Ma De Gaulle non avrebbe mai accettato di anteporre l’unità dell’Europa ai suoi obiettivi nazionali.
Furono queste, caro Gaggiotti, le ragioni per cui altri Paesi credettero che la presenza della Gran Bretagna nella Comunità avrebbe controbilanciato la politica troppo «franco-centrica» di De Gaulle. Col senno di poi commisero probabilmente un errore. Ma col senno di poi non si scrive la storia.