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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

Alonso fa sapere che non si ritira

La cosa triste non è che il Times di Londra, mica Topolino, si prenda la briga di scrivere che Fernando Alonso è sull’orlo del ritiro dalla Formula 1. La cosa triste è che se succedesse davvero oggi non se ne accorgerebbe nessuno. Sponsor zero, prestazioni zero, persino i colori mancano alla sua irrilevante McLaren Honda, team anglo giapponese che ha scelto un “nero lugubre” su “bianco sala operatoria” come colori sociali. In realtà, si è capito solamente con il passare delle ore, quell’articolo del Times era solo uno dei soliti giochetti con cui una certa parte del paddock, versante anglosassone, si manda i messaggi. C’è chi usa whatsapp, chi il Times. Fatto sta che ieri mattina, pochi minuti dopo l’uscita dell’articolo, sull’asfalto freddo del Montmelò ruzzolava la testa del capo della Honda, Yasuhisha Arai. Va detto, per onestà, che non si è trattato di un’esecuzione ingiustificata, questo Arai non era proprio l’Enzo Ferrari di Tokyo. Nonostante investimenti importanti e impianti e ingegneri assolutamente d’avanguardia, la sua McLaren, lo scorso anno, oltre ad aver fulminato in curva proprio Fernando, è stata una delle peggiori macchine nella storia della F1. E quella di quest’anno sembra ben avviata sulla stessa strada.
A fine serata, puntualmente, Fernando ha spiegato che no, lui non si ritira che «è tutta un’invenzione». E che, anzi, è «contento del progetto» McLaren, accreditato di essere «l’unico team in grado, in futuro, di spezzare l’egemonia Mercedes», altro che Ferrari. E il giornale che ha scritto del ritiro? «Chiedete al giornalista», segue, la solita storia dei campioni immacolati messi in mezzo dai giornalisti cattivi. Che però in questo caso hanno fatto il lavoro sporco (sarà un caso che Alonso chiedeva la testa di Arai da più di un anno?). Niente di nuovo, insomma, non fosse che, in assenza di un team vincente, di una macchina competitiva, o di una qualunque altra forma di splendore, tutto questo tramare e fingere e accoltellare alle spalle ha un qualcosa di patetico e insieme decadente, tipo Bisanzio. Un’onda gravitazionale stracolma di malinconia che riesce a distorcere lo spazio-tempo e allontana ancor di più i giorni dei trionfi, fino quasi a cancellarli.
Quello stesso “qualcosa” a Maranello lo ricordano bene. Come dimenticare, del resto, quel «ma siete scemi?» urlato in radio durante il gp di Monza 2013, in collegamento con tutta la famiglia Agnelli e con mezzo management dell’allora Fiat? «Ho detto geni!», fu la leggendaria giustificazione di Fernando, che intanto aveva posto le basi per l’azzeramento di mezzo staff tecnico Ferrari. «Geni o scemi?» divenne allora un tormentone per la gente del paddock che oggi si diverte a tradurlo in giapponese su google. «Tensai ya oroka?». Una domanda che adesso sembra rivoltarsi contro il suo inventore, il cui genio è ormai ridotto allo stremo da una balotelliana tendenza all’autodistruzione, alla capacità di fare sempre e comunque la scelta sbagliata. «Tensai ya oroka?», sibilano oggi quando passa Fernando, e poi sorridono.