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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

Bambine, non abbiate paura della paura

Sono stata una delle prime donne nel corpo dei vigili del fuoco di San Francisco. Per più di una dozzina di anni, ho lavorato su un’autopompa sempre in movimento in un quartiere difficile, dove le case fatiscenti prendono fuoco facilmente e le gang si combattono a colpi di machete e di calibro 22. Mi aspettavo che la gente mi chiedesse se avessi la capacità fisica per fare quel lavoro (anche se sono alta 1,60, peso 68 chili ed ero un’atleta al college). Quello che non mi aspettavo era la domanda che ho sentito più di ogni altra: «Non hai paura?».
Era strano – e offensivo – che si mettesse in dubbio il mio coraggio. Non ho mai sentito fare una domanda simile ai miei colleghi maschi. A quanto pare, ci si aspetta che le donne abbiano paura. Questo condizionamento della paura comincia presto. Molte ricerche hanno dimostrato che l’attività fisica è collegata con l’autostima delle femmine. Eppure le bambine sono spesso messe in guardia dal fare tutto ciò che comporta un po’ di rischio.
Uno studio sull’uso della pertica, per coincidenza un simbolo della caserma dei pompieri, è particolarmente rivelatore. Pubblicato su The Journal of Applied Development Psychology, dimostra che i genitori avvertono le figlie sui pericoli della pertica molto più di quanto non facciano con i figli maschi. Sia le mamme che i papà hanno aiutato i figli ad affrontare le proprie paure, insegnandogli come arrampicarsi o scendere per conto loro.
Anche io sono stata una bambina goffa. Ero anche timida, e avevo paura di molte cose. Ma sapevo tutto su Lancillotto e i cavalieri della Tavola Rotonda, che ovunque andassero si coprivano di gloria e di onore per il loro coraggio. Nessuno di questi personaggi parlava di paura. Così mi lanciai in bicicletta per una ripida strada di campagna (andando a finire contro una macchina). Scesi con lo slittino per un pendio ghiacciato (e andai a sbattere contro un albero). Non ricordo che i miei genitori si fossero arrabbiati; sembravano capire che dei piccoli incidenti fanno parte dell’infanzia. Mia madre è un’eccezione. Secondo uno studio pubblicato dal Journal of Pediatric Psychology è «quattro volte più probabile che i genitori dicano alle bambine di stare più attente di quanto non facciano con i figli maschi», dopo piccoli incidenti che non mettono a repentaglio la vita, ma obbligano a rivolgersi al pronto soccorso. Sembra un avvertimento ragionevole. Ma c’è un lato negativo, e i ricercatori lo mettono in evidenza: «Rispetto ai bambini, è più improbabile che le bambine tentino di affrontare attività fisiche impegnative che sono importanti per lo sviluppo di nuove abilità». Questo studio indica una verità scomoda: pensiamo che le nostre figlie siano più fragili, sia fisicamente che emotivamente, dei nostri figli.
Gever Tulley, autore di 50 Dangerous Things ( You Should Let Your Children Do) incoraggia le bambine e i bambini ad avere un coltellino, accendere dei fuochi e scagliare delle lance, sostenendo che le attività pericolose sotto la supervisione degli adulti possono insegnare ai bambini il senso di responsabilità, la soluzione dei problemi e la fiducia in se stessi. Ne consegue che, se teniamo le bambine lontane da queste esperienze, non le stiamo proteggendo. Manchiamo, invece, al compito di prepararle alla vita. La paura diventa un tratto femminile, qualcosa che ci si aspetta che le bambine sentano ed esprimano.
Quando le ragazze diventano donne, questa paura si manifesta come deferenza e timidezza nel prendere delle decisioni. I libri sull’emancipazione femminile abbondano sui nostri scaffali. Ammiro ciò che questi autori cercano di fare, ma arrivano troppo tardi. Dobbiamo abbandonare l’insidioso linguaggio della paura e usare gli stessi termini che proponiamo ai ragazzi, parole di coraggio e di resistenza. Dobbiamo incoraggiare le bambine a padroneggiare attività che sembrano difficili, e perfino pericolose.
Quando ero vigile del fuoco, ho avuto spesso paura. Accadeva anche agli uomini. Ma la paura non era un motivo per smettere. Ho messo la mia paura al suo posto, dietro alla mia concentrazione e ai miei sentimenti di fiducia e di coraggio. Poi mi sono diretta, con la mia squadra, nell’edificio in fiamme.