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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

Trump e Rubio ovvero la sfida tra un pazzo che le sue follie se le inventa da solo e un pazzo che propaganda le follie approvate dall’establishment. Secondo Krugman: «Non è per nulla chiaro quale delle due cose sia peggio»

Se bisogna dar retta ai mercati predittivi (e a quasi tutti gli analisti pragmatici), Hillary Clinton, ora che ha dimostrato di saper reggere il colpo, è la stragrande favorita per le primarie democratiche. Sul versante repubblicano, al contrario, le posizioni si sono consolidate: ormai è diventata più o meno una corsa a due, ma l’esito è ancora incerto.
Uno dei due uomini che hanno ancora buone chance di strappare la nomination del partito dell’elefantino è un personaggio che fa paura. Le sue nozioni in politica estera sembrano ridursi alla convinzione che l’America possa costringere chiunque a fare ciò che vuole facendo la voce grossa, e che trattare per vie diplomatiche è segno di debolezza. Sul fronte della politica interna, le sue idee evidenziano ignoranza e irresponsabilità in dosi massicce e produrrebbero disastri se venissero attuate.
L’altro, indubbiamente, ha una capigliatura molto particolare.
Marco Rubio non ha ancora vinto nulla, ma avendo perso più dignitosamente degli altri candidati non-Trump è diventato la scelta quasi obbligata dell’apparato repubblicano. Se questo gli dia qualche effettiva chance di sconfiggere l’uomo che si è appena intascato tutti i delegati della Carolina del Sud, non ho idea.
Ma quello che so è che il supporto dell’apparato non va preso come segnale che Rubio è un politico moderato e assennato. Al contrario: fino a non molto tempo fa, uno con le sue posizioni politiche sarebbe stato etichettato come un pazzoide estremista.
Lascerò da parte le sue terrificanti dichiarazioni sulla politica estera e la sua evidente volontà di far strame delle libertà civili e mi concentrerò sulla materia che conosco meglio, l’economia.
Probabilmente saprete che Rubio propone imponenti tagli delle tasse, e forse saprete che fra le altre cose propone di eliminare del tutto la tassazione del reddito da investimenti (il che significherebbe, per fare un esempio, che Mitt Romney si ritroverebbe a versare al fisco il bell’ammontare di zero dollari).
Quello che probabilmente non sapete è che i tagli delle tasse proposti da Rubio peserebbero quasi il doppio di quelli di George W. Bush in percentuale del prodotto interno lordo, nonostante il debito dello Stato federale sia molto più alto di 15 anni fa e nonostante i repubblicani abbiano trascorso gli anni della presidenza Obama a lanciare incessanti allarmi sull’imminente distruzione dell’America a opera dei deficit di bilancio.
Ma non c’è da preoccuparsi: Rubio ribadisce che i tagli delle tasse si ripagherebbero da soli mettendo in moto una crescita economica smisurata. Il fatto che non esista nessun dato a supporto di tale affermazione è trascurabile.
E poi c’è la proposta di Rubio di introdurre un emendamento alla Costituzione che obblighi al pareggio di bilancio, che, oltre a non avere alcun senso visto che contemporaneamente invoca tagli delle tasse che manderebbero per aria i conti pubblici, avrebbe prodotto effetti catastrofici durante la Grande Recessione.
Infine, c’è la politica monetaria. Sono anni che i repubblicani inveiscono contro gli sforzi della Fed per evitare il disastro economico. E Rubio non ha cambiato minimamente registro su questo argomento: pochi giorni fa ha dichiarato che «non è compito della Fed stimolare l’economia» (anche se la legge dice il contrario).
Insomma, Rubio spaccia teorie economiche da pazzoide estremista. Non lo fa perché cerca di arruffianarsi i favori di elettori ignoranti, lo fa perché cerca di arruffianarsi il consenso di un’élite ignorante.
L’ascesa di Donald Trump ha confermato che la maggior parte degli elettori repubblicani in realtà non condivide buona parte dell’ortodossia ufficiale del partito. Trump ha detto l’indicibile su una moltitudine di argomenti, da quando ha dichiarato che ci hanno trascinato in guerra con l’inganno a quando ha invocato tasse più alte per i ricchi (anche se il suo piano non prevede nulla del genere). Ogni volta l’apparato del partito si aspettava di vederlo crollare nei sondaggi in seguito a queste dichiarazioni, e ogni volta ne è uscito più forte di prima.
Perciò, quando Rubio si genuflette di fronte all’altare delle teorie economiche offertiste e della moneta forte, non sta dicendo al repubblicano medio quello che vorrebbe sentirsi dire: sta cercando di strizzare l’occhio all’élite del partito.Nel Grand Old Party, le dottrine folli in materia economica (e non solo) non emergono dal basso: sono imposte dall’alto.
Quindi, il fatto che Rubio abbia aggregato intorno a sé i consensi dell’establishment non è prova del suo buon senso. Direi anzi che è praticamente il contrario: è la ricompensa per la sua disponibilità a fare da cassa di risonanza all’ortodossia di partito anche quando, o forse soprattutto, si tratta di sciocchezze belle e buone.
Non fatevi intortare da chi vi racconta che le primarie repubblicane sono una sfida fra un tizio fuori di testa e una persona ragionevole. È una sfida tra un pazzo che le sue follie se le inventa da solo e un pazzo che propaganda le follie approvate dall’establishment: e non è per nulla chiaro quale delle due cose sia peggio.