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 2016  febbraio 24 Mercoledì calendario

La Barilla manda a casa i dipendenti, ma per farli lavorare

Mentre il Parlamento si appresta a discutere il disegno di legge sul lavoro agile arriva un segnale importante sull’orientamento (favorevole) delle grandi imprese. Il messaggio arriva da Parma, mittente il gruppo Barilla, uno dei nomi più importanti del made in Italy e più in generale del manifatturiero nazionale.
Sono già tre anni che il lavoro agile viene sperimentato con successo da Barilla con un coinvolgimento attivo di 1.200 dipendenti. Ora però visti i risultati incoraggianti il gruppo ha deciso di pigiare l’acceleratore e se finora il lavoro da casa aveva riguardato – per i più – 4 giorni al mese si pensa di passare a breve al 40% dell’orario per poi arrivare nel giro di qualche anno (parliamo del 2020) al 100%. Intanto si allarga la platea dei dipendenti che ne usufruiranno passando a circa 2 mila persone.
Di smartworking si parla molto ed esistono esperienze di tutto rilievo ma si tratta prevalentemente di aziende telefoniche o dell’high tech come Vodafone, Tim, Microsoft. Barilla è interessante non solo per i numeri e l’impegno del gruppo dirigente – esteso a tutte le sedi nazionali e internazionali – ma perché consente di vedere in concreto come il lavoro agile possa cambiare l’organizzazione del lavoro di una grande azienda manifatturiera.
E allora vediamo in dettaglio quali sono le funzioni aziendali investite dalla novità. Partiamo dal quartier generale del gruppo a Parma. Si potrebbe pensare che un headquarter non si può smembrare e invece dei 900 dipendenti già 750 (circa il 70%) sono stati coinvolti dai programmi di smartworking.
Se andiamo a vedere alcune tipologie di lavoro che secondo la Barilla possono tranquillamente utilizzare questa nuova modalità possiamo includere funzioni aziendali come le risorse umane o l’ufficio dei controller del business che in teoria avrebbero un compito di «presidio fisico» e quindi secondo una logica conservatrice non dovrebbero far parte del progetto di smartworking. E invece, nel caso Barilla, sono pienamente ingaggiati passando dalla presenza fisica alla cultura della performance.
Secondo le notizie fornite dall’azienda esiste una propensione maggiore da parte delle donne tra i 30 e i 55 anni e da chi effettua quotidianamente un tragitto casa-ufficio superiore ai 25 chilometri. A sorpresa, invece, la fascia più giovane degli addetti è quella che, per ora, utilizza di meno il lavoro agile.
Da una ricerca effettuata proprio in Barilla dall’Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano su un campione di 600 persone coinvolte sappiamo anche che per i manager non c’è stato peggioramento dei livelli di produttività ed efficienza delle prestazioni. «I manager – spiega Alessandra Stasi, responsabile del progetto – stanno cambiando, diventando più capaci di coordinare le persone nel nuovo ambiente virtuale. Si sono trasformati in attivatori».
Ovviamente per rendere possibile tutto ciò c’è voluta una rivisitazione degli spazi aziendali e l’adozione di tecnologie digitali, da Skype alla videoconferenza. La soddisfazione in casa Barilla deriva anche dalla constatazione che i dipendenti hanno recepito la novità «con un forte senso di responsabilizzazione nell’uso degli strumenti messi a loro disposizione», sottolinea Stasi.
È chiaro che il lavoro agile non potrà andare però oltre il perimetro della popolazione impiegatizia, le linee produttive delle fabbriche grandi e piccole da Petrignano a Novara – alcune peraltro a ciclo continuo come Foggia – resteranno al di fuori del progetti di smartworking.