Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 20 Sabato calendario

Le Poste Italiane saranno un porto sicuro nella nuova era del bail-in

Altro che titolo ad alto rischio. Le Poste Italiane saranno un porto sicuro nella nuova era del bail-in. Ne sono convinti gli analisti di Equita sim che hanno iniziato a coprire il gruppo guidato da Francesco Caio e consigliano di acquistare le azioni, con un prezzo obiettivo fissato a 8,3 euro. Un valore che rappresenterebbe addirittura una crescita dell’40% rispetto alla valutazione di borsa di venerdì 19, ferma a 5,9 euro.
Eppure da quando è partita la tempesta sui mercati il gruppo postale, che è sbarcato a Piazza affari il 27 ottobre scorso, è stato tra i più colpiti dalle vendite. Dalla quotazione, avvenuta a 6,75 euro, il titolo è sceso fino a un minimo di 5,17 euro, per poi risalire un po’ nei giorni scorsi. Ma, a ben vedere, si tratta di un calo non certo dovuto a ragioni che riguardano il business di Poste, come ha sottolineato pure Goldman Sachs nella sua ultima analisi, alzando il giudizio da hold (tenere) a buy (comprare). Anzi, le incertezze che stanno colpendo il sistema bancario per effetto dell’avvio delle norme europee sul bail-in che, in caso di default di un istituto, potrebbero mettere a rischio i depositi bancari oltre i 100 mila euro, potranno fare decisamente bene ai conti delle Poste.
I calcoli, anche in questo caso, sono stati fatti da Equita che prevede addirittura che le Poste saranno il principale beneficiario dei depositi che nei prossimi mesi potrebbero uscire dal settore bancario, con un afflusso stimato in 30 miliardi di euro.
Un destino che sembra accomunare le banche che possono vantare alti ratio patrimoniali e che non devono combattere con le sofferenze. Come Banca Mediolanum, per esempio, che nei giorni scorsi ha fatto sapere di aspettarsi quest’anno un miliardo in più di raccolta proprio per effetto del bail-in. Per le Poste l’effetto moltiplicatore, grazie ai 13 mila uffici sparsi sul territorio e alla percezione di sicurezza che gli italiani hanno di Poste Italiane, potrebbe essere ben più ampio. Bancoposta, il braccio finanziario del gruppo, che in verità non è una banca ma una divisione, opera infatti senza rischio di credito, visto che la raccolta ottenuta tramite i depositi viene poi interamente investita in titoli di Stato. Proprio come per le banche che si occupano prevalentemente di gestione del risparmio, come Mediolanum  appunto, ma anche Fineco  o Banca Generali, pure le Poste Italiane  si trovano in questo momento in una situazione di vantaggio competitivo, perché non hanno problemi di crediti in sofferenza. L’unica banca del gruppo che concede finanziamenti è la Banca del Mezzogiorno-MedioCredito Centrale, che tra l’altro si occupa della gestione del Fondo Centrale di Garanzia per le Pmi, e ha chiuso i nove mesi del 2015 con un utile netto di 26,4 milioni di euro, un roe dell’8,3% (su un patrimonio netto di 453 milioni) e soprattutto con un indice Tier 1 pari al 35,68%. Insomma, non ci sono certo problemi patrimoniali in Poste Italiane  e anche la compagnia assicurativa, Poste Vita, che ha raggiunto una posizione di leader di mercato (con una quota del 14%) e che a settembre ha avuto un utile operativo di 351 milioni, sembra destinata a mantenere una profittabilità elevata nei prossimi anni, nonostante i tassi d’interesse continueranno a essere bassi ancora a lungo.
Il nodo da sciogliere nel gruppo resta semmai quello postale tradizionale. Il calo dei volumi della corrispondenza, scesi 18% negli ultimi quattro anni e gli alti costi fissi hanno portato in rosso l’utile operativo del comparto, negativo a settembre scorso per 137 milioni. Ma gli sforzi di Caio per rilanciare le Poste si stanno intensificando proprio nel settore del recapito. La revisione delle condizioni del servizio universale e la pianificata riduzione della forza lavoro dovrebbero dimezzare le perdite entro il 2019, stimano ancora gli analisti di Equita. Certo, nel breve termine i costi rischiano di superare i vantaggi. Gli analisti prevedono infatti un utile 2015 di 524 milioni. Il che vuol dire che l’ultimo trimestre dell’anno si dovrebbe chiudere in perdita, visto il risultato netto dei nove mesi era stato di 622 milioni. Del resto lo stesso amministratore delegato, presentando i conti a novembre aveva detto che, nell’ultima parte dell’anno, avrebbe probabilmente iniziato ad accantonare risorse indispensabili per il processo di trasformazione avviato nel gruppo, che prevede complessivamente una spesa di 300 milioni nel prossimo triennio. Non solo. Per quanto riguarda la gestione del portafoglio dei titoli governativi Caio aveva anticipato che avrebbe ridotto i realizzi dopo le manovre già messe in atto nei mesi precedenti. Insomma, i risultati che saranno presentati il 22 marzo prossimo mostreranno molto probabilmente un ultimo trimestre in perdita, ma in ogni caso il 2015 si chiuderà in netta crescita rispetto al 2014 quando, anche a causa della svalutazione della partecipazione in Alitalia che era stata completamente azzerata, il risultato netto era stato di 212 milioni. Ma già nel 2016 gli analisti prevedo una ripresa della crescita dell’utile, stimato da Equita a 550 milioni.
Oltre al bail-in c’è poi un altro fattore che in questo periodo dovrebbe rendere le azioni di Poste Italiane  attraenti, ed è legato a filo doppio proprio al calo del titolo delle ultime settimane. Caio, al momento della quotazione, ha promesso al mercato che avrebbe distribuito nei prossimi anni almeno l’80% degli utili. Il calo del prezzo delle azioni è destinato a far crescere quindi il dividend yield. Secondo Equita il rapporto tra dividendo e prezzo di mercato sarà in particolare del 6%. Mentre Goldman Sachs, secondo cui le azioni di Poste potrebbero salire fino a 7,8 euro, stima per quest’anno un dividend yield implicito del 6,2%, che l’anno prossimo salirà al 7,1%. Numeri decisamente interessanti in un contesto economico di tassi d’interesse negativi. Ma l’unico a non essersi reso conto di queste opportunità sembra essere il mercato che ha colpito indistintamente tutte le banche, senza guardare cosa c’era dentro.