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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Domande & risposte sul caso Gran Bretagna-Europa

L’Unione europea ha concesso troppo alla Gran Bretagna?
La decisione adottata nel vertice del 19 febbraio sulla nuova intesa per il Regno Unito nell’Unione europea e il pacchetto di misure contenute negli allegati e nella dichiarazione sulla gestione dell’Unione bancaria e sull’ulteriore integrazione della zona euro, che avranno effetto se il voto al referendum del 23 giugno sarà favorevole alla permanenza nell’Unione, concede molto a Londra soprattutto sul tema della libera circolazione dei lavoratori. Se già il Regno Unito godeva di un regime speciale come l’opting out per alcuni ambiti, il salto di qualità nella posizione differenziata di Londra e il collegato arretramento dell’Unione europea è nel fatto che in passato si limitava l’integrazione dando spazio a quella differenziata, mentre con l’intesa raggiunta il 19 febbraio si fanno passi indietro rispetto ad obiettivi di integrazione già raggiunti e consolidati.
Quali sono le concessioni maggiori e a più alto tasso d’incidenza sul futuro dell’Unione?
È il mercato interno e, quindi, l’essenza dell’Unione europea ad essere colpito soprattutto per le deroghe ammesse alla libera circolazione. Una volta entrata in vigore la decisione, la Commissione europea dovrà presentare una proposta di modifica del regolamento n. 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. In pratica, le prestazioni per i figli a carico verso uno Stato membro diverso da quello in cui il lavoratore soggiorna saranno ricalcolate e indicizzate alle condizioni di vita del Paese in cui risiedono i figli.
Il meccanismo di salvaguardia voluto dal Regno Unito che conseguenze avrà?
Si tratta di una concessione che inciderà sulla libera circolazione dei lavoratori e che per Londra era cruciale. In pratica, l’introduzione di un meccanismo di allerta in caso di afflusso di lavoratori provenienti da altri Stati membri di portata eccezionale e per un periodo prolungato, «anche a seguito delle politiche passate in ragione dei precedenti allargamenti dell’Ue», provocherà una modifica del regolamento n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione. La Commissione ha già chiarito che il Regno Unito si trova in una situazione di tipo eccezionale coperta dal meccanismo di salvaguardia. La misura serve a garantire il sistema di sicurezza sociale e prevede che il Consiglio, su proposta della Commissione, possa autorizzare, per un periodo massimo di 7 anni e per i lavoratori «nuovi arrivati nell’Ue», l’accesso alle prestazioni a carattere non contributivo legate allo svolgimento di un’attività lavorativa nel Regno Unito. La limitazione avrà natura regressiva, ma di fatto comporta che l’unico obbligo è di non trattare i lavoratori Ue in modo meno favorevole rispetto ai cittadini di Paesi terzi che si trovano in un’analoga situazione.
L’intesa prevede anche aspetti più generali sul funzionamento dell’Unione europea e sulla governance economica?
Il Consiglio europeo nella dichiarazione sulla competitività dà spazio alla lotta all’eurocrazia e prevede misure per limitare l’inflazione normativa utilizzando il programma sull’adeguatezza della regolamentazione (REFIT). L’Unione si impegna a ridurre oneri burocratici e a evitare eccessi di regolamentazione soprattutto per le piccole e medie imprese. Maggiore spazio ai parlamenti nazionali nell’applicazione del principio di sussidiarietà. Per quanto riguarda l’Unione economica e monetaria è stabilito che le misure in questo settore avranno carattere facoltativo per gli Stati la cui moneta non è l’euro. Una concessione importante è il diritto al rimborso integrale se sono addossati al bilancio generale dell’Unione costi derivanti dalle misure di emergenza e di crisi, funzionali a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro.
L’accordo crea i presupposti per un’Europa à la carte?
Il sistema di integrazione differenziata è stato già introdotto sin dal Trattato di Maastricht. L’Europa à la carte o a geometria variabile già esiste. Un esempio è l’Accordo di Schengen al quale alcuni Stati non partecipano. Inoltre, il Regno Unito al pari di altri Paesi già utilizza il sistema di opting out per non partecipare all’applicazione di alcuni atti di diritto derivato. Con il meccanismo della cooperazione rafforzata, inoltre, possono essere adottati atti legislativi a cui alcuni Stati non partecipano permettendo ad altri Paesi di procedere in modo più rapido nel livello di integrazione.
L’integrazione futura ne esce compromessa?
L’intesa può aprire la strada a rivendicazioni di altri Stati. Va detto, però, che non per tutti gli Stati l’Unione europea può manifestare lo stesso interesse ad avere a tutti costi un Paese dentro l’Europa. Le straordinarie concessioni al Regno Unito sono dovute al peso politico e strategico che ha Londra non solo in Europa, ma nel mondo. Certo, i negoziati per l’ingresso di nuovi Paesi nell’Unione europea saranno più faticosi e senza dubbio gli Stati membri porranno limiti sul modello inglese anche nell’ambito della libera circolazione. Il modello di allargamento che aveva portato all’ingresso in massa di 10 Paesi dell’Est Europa è sepolto.
Il referendum inglese non crea un precedente pericoloso? È possibile che sia seguito da altri Stati?
Uno Stato membro ha il diritto di recesso e, quindi, sulla base delle proprie norme costituzionali interne può optare per un referendum. Ma che il Consiglio europeo decida a tutti i costi di negoziare un’intesa di questa portata con altri Paesi non è affatto scontato.