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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

No, il dibattito no! Lo ha deciso Confindustria

A leggere la circolare diramata venerdì 19 dai cosiddetti Saggi di Confindustria c’è di che rimanere molto confusi. La riforma delle regole di selezione del presidente non può essere un confronto aperto, pubblico e mediatico tra i diversi candidati. Le cosiddette primarie confindustriali non si svolgono nel ventunesimo secolo e non prevedono l’agevole accesso dei potenziali votanti, i rappresentati delle imprese, alla conoscenza dei quattro candidati e dei loro programmi.
Vanno evitati «dibattiti e confronti tra i diversi programmi»; proibito ai candidati «trasferire all’esterno» le opinioni in particolare sulla stampa e sui media; gli incontri possibili solo a porte chiuse e riservati ai soli associati. Insomma, l’esatto opposto di quanto accade nel mondo contemporaneo, dove la possibilità di essere facilmente informati e la libertà di comunicazione degli opposti candidati sono la linfa vitale del confronto di idee e programmi.
Perché l’opinione pubblica non deve poter conoscere i dettagli dei diversi programmi dei quattro candidati? E, ancor di più, perché non è possibile un confronto real time tra Vincenzo Boccia, Marco Bonometti, Aurelio Regina ed Alberto Vacchi liberi di incrociare liberamente le armi della dialettica davanti a dei liberi giornalisti così che tutti gli stakeholders confindustriali possano essere ben informati sulle diverse posizioni in campo? A voler pensare male si finisce per immaginare che la riservatezza maniacale e l’oscurantismo mediatico voglia favorire giochi sottobanco.
Magari favorire un candidato del vertice a scapito degli altri tre. Ovviamente la serietà della Confindustria allontana ogni dubbio di tal fatta, ma resta il mistero di una scelta di regole di confronto che poco hanno di trasparente e di moderno. Avremmo voluto i quattro candidati a Viale dell’Astronomia liberi di sfidarsi via Facebook e Twitter e invece non possiamo neppure consultare un loro sito vetrina nel quale poter analizzare i dettagli delle proposte e dei programmi. Così resta un mistero come possano gli oltre 150 mila iscritti a Confindustria farsi un’idea sui candidati e sui loro programmi ed esprimere il loro voto consapevolmente. Oggettivamente, ai tempi dell’Italia del rinnovamento imposto da Matteo Renzi si tratta di una scelta procedurale più da Conclave papale che da organizzazione che vuole contribuire alla modernizzazione del Paese. Di una Confindustria pronta a dare il suo contributo per far saltare le troppe rendite di posizione, troppo spesso finanziate da tasse e gabelle come le centinaia di nomine nei cda delle camere di commercio. L’Italia merita una Confindustria meno arroccata sul suo passato e più pronta a essere una casa di vetro per tutti e di tutti. Difficile, altrimenti, convincere i Sergio Marchionne a ritornare sui suoi passi. Più facile continuare a contabilizzare nuovi grandi addii.