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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

I tre dilemmi di Pechino secondo Morgan Stanley

Pechino, scrivono gli analisti di Morgan Stanley, si trova davanti a possibili tre scelte per contrastare l’attuale frenata dell’economia. La prima alternativa, secondo Chetan Ahya, capo economista per l’Asia della banca d’affari statunitense, è quella tra alti ritmi di crescita e ritorno sul capitale investito. Nelle linee guida per la stesura del 13° piano quinquennale è previsto che entro il 2020 il pil cinese raddoppi rispetto ai livelli del 2010. Per raggiungere tale traguardo ha fissato l’obiettivo di crescita al 6,5% medio annuo per i prossimi cinque anni. Il calo della domanda esterna, l’invecchiamento della popolazione attiva, il pesante indebitamento delle imprese e l’eccesso di capacità nei settori tradizionali rendono difficile il compito, scrive Ahya. Per mantenere certi ritmi servirà un alto tasso di investimenti, anche a costo di ritorni non eccellenti sul capitale investito. Pertanto, secondo Morgan Stanley, la percentuale di investimenti sul pil dovrebbe essere attorno al 24% e non al 42% come per il 2015. La seconda alternativa è tra un taglio lento o veloce dell’eccesso di capacità produttiva. In caso di taglio veloce la leadership cinese andrebbe incontro al rischio di instabilità sociale, anche per via dell’eventuale aumento della disoccupazione, e a rischi anche per i mercati azionari. Un ritmo più graduale invece significa generalizzare le pressioni deflazionistiche, già in atto ad esempio nei prezzi alla produzione, in calo da 46 mesi consecutivi. L’ultimo dilemma che Pechino si trova ad affrontare è come gestire e conciliare il ritmo dell’alleggerimento monetario e quello del deprezzamento della valuta. La banca d’affari Usa indica cinque soluzioni: accettare l’idea di una crescita più bassa; far fronte all’azzardo morale del settore bancario con norme più severe; tagliare i tassi d’interesse reali per incentivare gli investimenti produttivi, favorendo anche gli aggiustamenti necessari a contrastare la fuga di capitali; portare avanti le riforme strutturali; attuare stimoli fiscali che favoriscano i consumi.