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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Anche D’Alema si scopre papa-boy

Massimo D’Alema ha scoperto la sua nuova vocazione politica. Cresciuto nel Pci, scontratosi con il muro di Berlino, dopo avere attraversato tutte le trasformazioni che hanno portato al Pd di oggi, D’Alema è diventato francescano. Un vero papa-boy: non avrà più l’età, ma ha l’entusiasmo di un bambino.
Bastava ascoltarlo ieri all’istituto Sturzo mentre esaltava Francesco e un po’ tentava di arruolarlo a sé presentando l’ultimo numero della rivista della sua Fondazione Italiani Europei, dedicato proprio al Pontefice. A D’Alema piace da morire Francesco, che «è stato addirittura definito comunista. E su cui perfino qualcuno dibatte chiedendosi se sia più avanti della sinistra... È un Papa che suscita clamore, oppure con l’espressione cruda che lui stesso ha usato... casino». Gli piace perché è meridionale come lui: «Francesco sta da quella parte del mondo da cui proviene. Pochi hanno messo l’accento sul fatto che è il primo Papa che viene dal Sud del mondo. Poi certo, c’è anche un po’ di campanilismo argentino... Ma il Sud del mondo non è soltanto un luogo geografico, è anche un luogo sociale, antropologico». D’Alema invidia un po’ il pontefice, perché è popolare come a lui mai è capitato: «è di gran lunga la personalità più apprezzata dagli italiani. Lo apprezza quasi l’88%, per quel che valgono i sondaggi». Ma questa popolarità secondo D’Alema significa che «nella stragrande maggioranza del paese c’è un orientamento che definirei progressista». Ecco Francesco arruolato fra i dalemiani ad honorem, anche perchè parla di «diseguaglianza, lotta alla povertà, radicale riconversione ecologica dello sviluppo... Beh, se non sono questi i tratti identitari di una sinistra moderna, non so di che stiamo parlando...». A D’Alema convince perfino l’idea di Francesco di un mondo dentro una terza guerra mondiale scoppiata pezzo dopo pezzo. E quasi ne gode: «Sicuramente chi immaginava che finito il comunismo, finite le ideologie, avremmo vissuto in un mondo pacificato dal mercato, purificato dalle ideologie e pervaso dal benessere del mercato, ha scoperto oggi che questa teoria si è rivelata fallace».
È un D’Alema sorprendente, anche se c’è tutto lui in questa conversione. Non la sua, ma quella un po’ forzosa del Papa al dalemismo celebrata ieri in un dibattito i cui altri relatori erano Nicola Antonetti, Alberto Melloni, Paolo Corsini e monsignor Angelo Vincenzo Zani. Ma la sorpresa finisce vedendo D’Alema in mezzo ai giornalisti, i nemici di sempre. Gli chiedono dei due anni di governo Renzi. E lui secco: «No. Noi ci occupiamo di questi oltre due anni di pontificato. Siamo ospiti di una istituzione molto prestigiosa, diciamo, e sarebbe molto scortese se io approfittassi dell’istituto Sturzo per tenere una conferenza stampa su tutto quello che vi passa per la testa. Io sono qui per discutere del pontificato di Francesco. Se vi interessa, mi fa molto piacere, potete mettervi seduti e stare anche ad ascoltare. Ma non ho convocato una conferenza stampa per affrontare tutti i temi all’ordine del giorno». Guarda ironicamente una giornalista di Tele Nova: «Vuole parlare del Papa?». Quella risponde subito: «sì». Lui esulta: «ohhh... una persona normale». Lei gli chiede che impronta sta lasciando il Papa sulla politica. E D’Alema risponde, ma non si stacca dal suo chiodo fisso: i giornalisti. «Innanzitutto», esordisce, «una delle grandi qualità di questo Papa è che non si occupa di politica... Nel senso in cui... diciamo... l’informazione si occupa di politica, cioè nel senso più deteriore, ecco. E infatti ha detto che non si occupa della politica italiana, delle cose che avvengono nel parlamento italiano». Un altro giornalista prova a cogliere la palla al balzo, ricordando le frasi di Francesco sulla famiglia tradizionale, ma D’Alema secco lo interrompe: «non mi occupo di unioni civili e di cose che impegnano il Parlamento...». Si vede che qualcosa vorrebbe dire, almeno una battuta caustica. Ma tirato per i capelli dagli odiati giornalisti proprio no.
D’Alema aspetta più di un’ora, quando al tavolo dei relatori tocca a lui. Paolo Corsini, bresciano del Pd, in fondo gli fa la stessa domanda lanciandogli la palla del Papa di fronte ai diritti. D’Alema la coglie al volo: «Non voglio entrare in una discussione sui diritti, perchè poi si sfocia in cose da tecnicalità parlamentari. Roba da cui voglio fortunatamente rimanere fuori. Sono rimasto fuori dal Parlamento, non vedo perchè dovrei entrare dentro ai pasticci che vi accadono. Onori ed oneri a ciascun.». Così la stoccata a Renzi e al Pd l’ha tirata lo stesso. È sempre lui, anche se papa boy: il Baffino che conoscevamo. riproduzione riservata