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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Angelo Panebianco aggredito durante una lezione sulle «Teorie della pace e della guerra» a Bologna. Una decina di ragazzi gli hanno dato dell’«Assassino» per un articolo scritto sul Corriere

Di nuovo. Con arroganza, con violenza. Peggio delle altre volte, durante una lezione. Con il risultato di profanare, allo stesso tempo, la libertà di opinione e la libertà di insegnamento, che poi non sono così distanti. Ieri mattina alle 9 Angelo Panebianco è arrivato al suo corso: università di Bologna, Scienze politiche, aula Jemolo. Non è riuscito neppure a cominciare. Un gruppetto di dieci persone, un collettivo di estrema sinistra, l’ha scelto come bersaglio: sventolavano un commento che Panebianco ha scritto per il Corriere della Sera sulla cultura della sicurezza. Un articolo sottolineato in diversi punti. Un giovane urlava più di tutti gli altri: «Assassino!». Uno stereo riproduceva rumori di guerra. La tensione è salita. Un clima pesante, d’altri tempi.
E qui sono intervenuti gli altri ragazzi: una sorta di ribellione per difendere il prof. Una studentessa è scattata in piedi: «Io sono qui per seguire una lezione e ne ho tutto il diritto, ve ne dovete andare». Un atto piccolo o, forse, gigantesco. Un sussulto di dignità contro un’offesa. E il gruppetto si è allontanato sbraitando e lanciando volantini. Panebianco scrive per il Corriere dal 1988, sono quasi trent’anni: «Ero già stato aggredito verbalmente, ho sempre scelto un profilo basso, ma stavolta siamo andati oltre. Quel tono minaccioso, quell’urlo “Assassino!” per aver scritto un articolo, questa scelta di venire in aula, tra i miei allievi: ora passo alla denuncia». E la sua denuncia è anche la nostra. L’Italia ha già dato, l’ateneo di Bologna ha già dato: l’illusione che la violenza resti sempre verbale ha fatto fin troppi danni. C’è un problema di sicurezza, c’è qualcuno che vuole trasformare un docente, un editorialista libero, in un simbolo. Stavolta non basteranno le email di solidarietà.
Il titolo della lezione era «Teorie della pace e della guerra». Non si aspettava, Panebianco, che l’argomento potesse riguardare la sua stessa aula. A Bologna.