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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Il gioco dei chiodini: quando la tradizione batte la tecnologia

In una pubblicità del 1969 si vedono quattro ragazzini in camice bianco, dal severo aspetto medico-professorale: sono alle prese con delle costruzioni. Il titolo della réclame Quercetti, in bianco e nero, «I Maestri», invitava a non accontentarsi del dilettantismo neanche giocando. Un messaggio d’altri tempi. Quei bambini con le orecchie a sventola e con gli occhiali sul naso appartenevano a un mondo in cui il gioco era una pratica necessariamente seria, didattica, formativa, mentre oggi l’educazione è una cosa che deve avere altrettanto necessariamente un supporto ludico.
I chiodini rimangono quasi l’archetipo pionieristico del primo tipo: un gioco educativo grazie al quale la famiglia Quercetti di Torino è diventata famosa nel mondo. Raggiungendo un record da capogiro: un miliardo di pezzi (pezzetti, funghetti, chiodini…) in un anno, il 2015 appena concluso, e una previsione doppia per i dodici mesi che verranno. Chissà che cosa ne direbbe il vecchio Alessandro, classe 1920, pilota da caccia nella seconda guerra e collezionista di aeromodelli a elastico: fu lui a creare quell’azienda esportando nel 1953 dalla Francia l’idea che i fiammiferi di legno con la capocchia in ceralacca colorata potessero diventare un bel gioco creativo se conficcati in un foglio di cartone traforato, a formare disegni e sagome fantastiche. Per la verità la Quercetti era nata nel ’49, quando papà Alessandro aveva rilevato la Incogiochi fallita: e così il chiodino italiano avrebbe avuto una storia (e una fortuna) parallela al mattoncino Lego. Variando le dimensioni (diametri tra i 5 e i 20 millimetri) e le tavolozze, i chiodini superano i momenti più difficili, fino a sovrastare con leggerezza il mare magnum del digitale e a rinascere a nuova vita nell’epoca in cui si cercano rimedi manuali, tattili all’eccesso di virtualità che invade anche il mondo infantile.
Il merito va ai tre figli di Alessandro: Stefano, Alberto e Andrea, che sembrano i ragazzini cresciuti (ormai più che cinquantenni) della pubblicità in bianco e nero del 1969. E forse sono loro. È Alberto, con la sua testa pelata e l’aria giovial-bambinesca, a raccontare una storia aziendale diventata planetaria non solo grazie ai chiodini ma anche ad altri duecento «giocattoli educativi»: «Cina, India, Brasile, Stati Uniti e naturalmente Europa… Le regalo un’anticipazione: una ricerca di neuroscienziati, ancora inedita, dimostra che il chiodino oltre a essere un gioco di destrezza manuale per il bambino, stimola le aree del cervello che interessano il linguaggio: dunque se questo è vero, più si gioca con il chiodino, più si sviluppa la competenza verbale». Forse per questo è stato inventato il «pixel» per adulti, ovvero un chiodino più piccolo, grazie al quale anche un novantenne è chiamato a comporre mosaici che da lontano hanno l’aspetto di immagini fotografiche, ritratti, paesaggi, riproduzioni di opere d’arte.
Vuoi vedere che il videogioco ha fatto il suo tempo? Utilizzare il dito (il ditino) per prendere, incastrare, infilare più che per «scrollare» uno schermo o per muovere un cursore? Si torna alla tradizione? «Il segreto – dice Alberto Quercetti – è mettere al centro il bambino». E ci mancherebbe, verrebbe da replicargli. «Eh no, vede, sembra scontato ma in genere ormai nel nostro settore si punta prima sul marketing, sulle mode e sulle tendenze. È vero, noi siamo rimasti fermi mentre il mondo è andato avanti, ma è stata la nostra salvezza, perché la riscoperta della tridimensionalità, il rilancio del contatto fisico e dell’esplorazione del reale dopo anni di virtualità ci ha dato ragione». Alberto Quercetti non si stanca di guardare alla «polisensorialità» di Bruno Munari e alle invenzioni di Enzo Mari (i 16 animali in legno realizzati da Danese). E dice che alla sincronia preferisce la diacronia: «La ricerca all’indietro, sugli archetipi, sull’origine degli oggetti a volte riserva delle sorprese straordinarie che ti proiettano avanti più di tutti gli altri che si fermano alla contemporaneità». Un filosofo. Il filosofo dei chiodini.