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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

I diritti dei nonni quando i genitori si separano

Sono 15 mesi che la signora Maria, 55 anni, di Roma, non vede i due nipotini. «Mia figlia ha un nuovo compagno: ogni volta che inizia una relazione, mi impedisce di incontrare i bambini – spiega la donna, che ha chiesto di rimanere anonima —. Per me e per loro è un supplizio. Poi, di solito, quando torna single e ha bisogno del mio aiuto, ricomincia a portarmeli». I 12 milioni di nonni italiani sono tra quelli che in Europa, anche per la scarsità dei servizi all’infanzia, passano più tempo con i loro nipoti: secondo quanto emerge dallo studio Share (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe del 2011) il 22% di loro se ne occupa regolarmente, contro l’8% di inglesi e tedeschi, il 7% dei francesi e il 2% di svedesi e olandesi. Ma basta uno scontro in famiglia a mettere a rischio questo legame così importante. Spesso succede nelle separazioni conflittuali, quando la rottura delle coppia si allarga a tutta la famiglia e penalizza anche i nonni, che magari fino a quel momento erano una presenza costante nella vita dei bimbi. 
Per una vicenda di questo tipo l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani il 20 gennaio dell’anno scorso per aver violato il diritto al rispetto della vita familiare di due nonni di Torino, Franca Manuello e Paolo Nevi, che per 12 anni non hanno potuto vedere la nipote. In quel caso il padre della bimba era stato falsamente accusato di abusi dalla ex, ma nonostante fosse stato prosciolto, i rapporti con lui e con la sua famiglia erano stati interrotti. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che nonostante «la grande prudenza necessaria in questi casi» e il fatto che «le misure prese per proteggere il minore possono porre dei limiti ai contatti con i membri della famiglia», le autorità competenti «non hanno fatto tutti gli sforzi necessari a salvaguardare il legame familiare». 
«Purtroppo i matrimoni che finiscono in separazioni sono tanti e in molti casi la relazione affettiva dei minori con la famiglia dell’ex coniuge viene troncata e il bambino viene utilizzato come arma impropria – dice la presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia Michela Vittoria Brambilla —. I nonni finiscono così per subire una situazione che non hanno contribuito a creare. Eppure il loro diritto di visita è stato riconosciuto per legge due anni fa». 
Lo ha fatto una norma che mira a rendere reale il diritto a conservare rapporti significativi con i nipoti già riconosciuto con la legge del 2006 sull’affidamento condiviso. «Questa però non dava ai nonni la possibilità di agire in giudizio – spiega l’avvocata Anna Galizia Danovi, che presiede il Centro per il diritto di famiglia, a Milano – e quindi è rimasta lettera morta». Possibilità introdotta invece dalla legge 154 del 2013, entrata in vigore nel febbraio successivo. «In base ad essa i nonni possono ricorrere al Tribunale per i minorenni e chiedere di poter visitare i nipoti – dice Danovi —. Anche se ovviamente la legge sottolinea che il giudice deve adottare “i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”, perché sono i minori a dover essere tutelati, non gli adulti». 
Rimangono ancora pochi, però, i nonni che ricorrono a questa norma: «È un’innovazione importante, ma troppo poco conosciuta – denuncia Michela Vittoria Brambilla —. Invece i nonni devono essere messi in condizione di far valere questo diritto, quando ne ricorrono le circostanze, perché hanno un ruolo determinante nell’educazione di bambini e ragazzi». 
Con l’intenzione di «metterli al centro della tutela degli interessi dei bambini» Brambilla ha firmato anche una nuova proposta di legge che modifica le norme del codice civile sull’allontanamento del minore dalla casa familiare nei casi di emergenza: cioè l’affido d’urgenza. «La mia proposta, consolidando la prassi, definisce “prioritario” il collocamento del minore allontanato “presso parenti entro il quarto grado ritenuti idonei e disponibili e con i quali il minore abbia rapporti”. Si riconosce esplicitamente, insomma, che il “luogo sicuro” dove collocare il minore, di cui parla il vigente articolo 403, può essere benissimo la casa dei nonni – spiega Brambilla —. Anzi, questa soluzione, se non contrasta con l’interesse del minore, deve avere la precedenza». 
Oggi invece su questo le regioni vanno in ordine sparso: sono affidati a parenti l’84,7% dei minori allontanati dai genitori in Basilicata, contro il 31,3% della Liguria, e il 25,7% dell’Emilia-Romagna. «Al momento – spiega Brambilla – è difficile anche capire da cosa dipendano queste grandi differenze: per questo stiamo cercando di fare luce sui meccanismi dell’affido extrafamiliare. Ma è fondamentale permettere ai minori di mantenere le relazioni affettive ed evitare di aggiungere altri traumi a quello di essere allontanati dal genitore. Sostenere i nonni con una proposta come questa vuol dire cominciare a mettere ordine su una materia così delicata».