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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Nessuno può obbligare un cattolico a lavorare di domenica. Lo dice la Cassazione

L’ultimo richiamo di un Pontefice al rispetto delle festività è stato di papa Francesco nell’udienza generale del mercoledì prima di Ferragosto scorso. «L’ossessione del profitto economico e l’efficientismo della tecnica mettono a rischio i ritmi umani della vita. Il tempo di riposo, soprattutto quello domenicale – è stato il monito – è destinato a noi perché possiamo godere di ciò che non si produce e non si consuma, non si compra e non si vende». Un’esortazione non caduta nel vuoto, almeno da parte della Cassazione, che ha dato definitivamente ragione a un dipendente sessantenne di fede cattolica delle Poste sanzionato con la sospensione dal lavoro per un giorno (e privato della relativa retribuzione) per non essersi presentato in azienda per due domeniche. I Supremi giudici hanno confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano del 17 settembre del 2010 e, respingendo il ricorso delle Poste, hanno sottolineato come il datore di lavoro, in base al diritto alla libertà di impresa, può organizzare turni domenicali ma non può infliggere – fino al raggiungimento di un’intesa sindacale – provvedimenti ai dipendenti che, per motivi di culto, non intendono lavorare. Nel 1999 le Poste, in via sperimentale, avevano introdotto il turno domenicale nel centro meccanizzato di Peschiera Borromeo e poi lo avevano esteso ad altri reparti senza però raggiungere un accordo con i sindacati. La situazione – è stato ricordato nel verdetto – aveva generato proteste da parte dei lavoratori cattolici, che intendevano la domenica «come momento religioso e di pratica di fede». Alcuni sindacati avevano contestato l’imposizione del turno domenicale e Luigi L., nel 2004, aveva aderito all’iniziativa comunicando di non voler lavorare nelle giornate festive domenicali e cristiane. Per due domeniche si era assentato dal lavoro, dando però la disponibilità a recuperare. Ma dall’azienda era arrivata la sanzione e lui l’aveva ritenuto sproporzionata. Già i giudici di merito avevano dato atto del fatto che «esisteva una iniziativa sindacale in corso e una richiesta individuale di non assegnazione a turni domenicali per motivi di religiosi, circostanza di cui le Poste erano a piena conoscenza, e che portarono, nel periodo immediatamente successivo alla soppressione del turno domenicale». E ora la Cassazione ha dato ragione alla loro impostazione.