Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 23 Martedì calendario

Renzi mette nero su bianco quello che non gli piace dell’Europa e quello che bisognerebbe fare

Un “Position paper” di nove pagine per dare sostanza alla battaglia europea di Matteo Renzi, per rispondere alle Cancellerie che si chiedevano l’obiettivo degli attacchi del premier. Il documento è stato spedito ieri a Bruxelles (e ad altre capitali) da Pier Carlo Padoan. Un mix di tecnica e di politica con proposte ambiziose che il Tesoro ha preparato insieme a Palazzo Chigi. Alcuni punti riprendono il contributo italiano al Rapporto dei 5 presidenti, testo che traccia le future riforme dell’eurozona. Altri passaggi, invece, sono dettati dalle nuove esigenze politiche dettate dall’attualità. Il tutto nel nome di una politica economica integrata, che guardi alla crescita e che porti alla “mutualizzazione” dei rischi, parola indigesta ai falchi del rigore. E poi un attacco diretto alla Germania, che per l’Italia dovrebbe essere punita per il surplus di bilancio nonostante le richieste di Bruxelles di fare investimenti pubblici per aiutare la ripresa dell’eurozona. Che in definitiva l’Italia vuole più politica. La Commissione al momento ha accolto la proposta con un linguaggio standard: «Tutte le idee sono benvenute, ma ora sarebbe meglio concentrarsi su quello che già». Il governo, però, ha già avuto reazioni di interesse da diversi partner e Renzi e Padoan lavoreranno per tessere alleanze in grado di far marciare le idee italiane. Se si dà per acquisito il consenso dei paesi periferici dell’euro, l’obiettivo è il sostegno della Francia. Non a caso il documento sarà presentato dal premier al vertice socialista del 12 marzo all’Eliseo. L’incipit del documento è politico: «La crescente disaffezione dei cittadini verso l’Unione fa crescere il consenso per i populisti. Dobbiamo ricostruire fiducia e sviluppare una strategia per crescita e occupazione». Le parole chiave di Renzi in Europa. Come prima cosa, «è necessario usare tutto lo spazio di bilancio in favore della crescita». Tradotto: basta Fiscal Compact, l’unico riferimento deve essere il tetto del 3% del deficit perché altro rigore (pareggio di bilancio) è inutile. Poi l’attacco alla Germania per rispondere alla minaccia di un tetto ai titoli di Stato in pancia alle banche: «I surplus di bilancio hanno un impatto negativo sul funzionamento dell’eurozona. Servono politiche di investimenti. Le procedure per squilibri macroeconomici dovrebbero essere utilizzate in questi casi». Quindi la constatazione che la bassa inflazione non spinge la crescita e rende più difficile abbattere il debito: per questo «la dinamica dei prezzi deve essere incorporata nelle regole di bilancio». In parole povere, più flessibilità se l’inflazione è troppo bassa. Inoltre il governo auspica che le riforme di un Paese che portano beneficio a tutta Eurolandia vengano tenute in maggior considerazione nelle raccomandazioni Ue rivolte a ogni Paese. Segue la richiesta di irrobustire il piano Juncker per gli investimenti coinvolgendo le Cdp nazionali e permettendo ai governi di sfruttare tutto lo spazio di bilancio (fino al 3%) proprio per investire. Inoltre, ma soprattutto: «Progetti che aumenterebbero il potenziale di crescita Ue potrebbero essere finanziati con emissioni di debito comuni». Gli Eurobond tanto sgraditi ai rigoristi. Quindi un altro attacco a Berlino: va bene il bail in, ma bisogna completare l’Unione bancaria con lo Schema di assicurazione dei depositi, la garanzia Ue per i correntisti fino a 100mila euro in caso di fallimenti bancari. Proseguono le stoccate alle politiche del rigore. L’Italia chiede «un meccanismo per mitigare la disoccupazione e i suoi effetti in modo da far progredire l’eurozona nella sua dimensione sociale». Un vero e proprio «Fondo» per stabilizzare il mercato del lavoro, consolidare la crescita e minimizzare gli effetti di uno shock economici. Quindi la richiesta di emettere «bond comuni», altri Eurobond, per finanziare una risposta comune alla crisi migratoria, definita una «questione sistemica» in quanto ogni restringimento di Schengen «ha conseguenze negative di impatto non prevedibile». E ancora, la necessità di trasformare il Fondo salva-stati (Esm) in un Fondo monetario europeo che protegga la moneta e i suoi paesi dagli shock economici. Ma servirebbe anche un bilancio dell’eurozona (Fiscal capacity) con una funzione di stabilizzazione, promozione degli investimenti e finanziamento delle politiche nazionali (riforme) che portano beneficio anche agli altri paesi. L’Italia infine non è contraria a un ministro europeo delle Finanze, membro della Commissione, purché «abbia una forte connessione con il Parlamento europeo». Dunque non un super-burocrate che applichi le regole in modo cieco, ma un politico che risponda delle sue politiche di fronte all’aula di Strasburgo. Per il governo, infine, molte proposte possono già essere concretizzate «con il Trattato esistente». E tra l’altro le modifiche che arrivassero nel medio periodo possono rappresentare «un sostegno per cambiamenti ai trattati quando saranno necessari».