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 2016  febbraio 23 Martedì calendario

L’appello di Carolina Crescentini (e di altri 400). Dalla parte della Cirinnà

«È la seconda volta nella vita che firmo un appello, non potevo sottrarmi. Vogliamo essere un Paese civile oppure no?». Carolina Crescentini risponde al telefono da Napoli dove sta girando la fiction I bastardi di Pizzofalcone e si infervora. L’argomento, si capisce, le sta a cuore. L’attrice romana è tra i numerosissimi firmatari della petizione online su Change.org promossa dallo scrittore Sebastiano Mauri (a cui hanno aderito Andrea Camilleri, Paolo Virzì, Jovanotti, Tiziano Ferro, Eros Ramazzotti, Fabrizio Gifuni passando in tutto lo spettro del mondo dello spettacolo e della cultura) a favore della rapida approvazione delle legge Cirinnà. «Mi ci riconosco pienamente», spiega Crescentini. «È veramente un’occasione storica di fare un primo passo verso il riconoscimento di diritti civili e umani fondamentali. Siamo fuori tempo massimo, lo hanno sottolineato la Consulta e la Corte europea dei diritti umani. Non possiamo rimanere bloccati al Medioevo, siamo un’eccezione nell’Occidente». Non le sono piaciute molte cose nel dibattito degli ultimi mesi. «La società è più avanti della politica, mi trovo continuamente a discuterne, con i colleghi sui set, con gli amici, tra le persone che incontro. Il sentimento più diffuso è che sia antistorico oltre che ingiusto negare il diritto di persone che si amano di considerarsi famiglie. Il Family Day mi ha colpito molto: perché scendere in piazza contro i diritti di qualcun altro? Perché accendere le luci del Pirellone contro qualcuno?». E poi ci sono i figli. «Mi sembra che si sia fatta, forse volutamente, molta confusione contro la stepchild adoption. Non si può accettare di discriminare tra figli di una coppia etero e di una omosessuale. Questa vicenda ha aumentato la mia sfiducia nella politica. Perché uno Stato che si dice laico vuole decidere cosa è giusto e cosa non lo è su un tema così intimo come l’amore? Troppa ipocrisia. Come su un altro argomento diverso ma altrettanto sensibile, l’eutanasia». Ovvero quello che la spinse a firmare il suo primo appello.