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 2016  febbraio 20 Sabato calendario

Marchionne si fa rivedere in Confindustria, per la sfida tra i quattro candidati al dopo-Squinzi

Doveva essere un incontro a porte chiuse con gli imprenditori del Nord Est. Un faccia a faccia per illustrare i programmi, confrontarsi, misurare ambizioni e strategie. Si è trasformato in sorta di esame finale. Perché ad ascoltare i quattro candidati alla presidenza di Confindustria, nella sede dell’Unione industriali di Torino, si è presentato a sorpresa anche Sergio Marchionne. Fuori con la sua Fca dall’associazione confindustriale e con nessuna intenzione di rientrare ma, senza dubbio, tra i manager più carismatici e ascoltati, punto di riferimento non solo per gli oltre cento industriali riuniti nella città sabauda. Così per Vincenzo Boccia, Marco Bonometti, Aurelio Regina e Alberto Vacchi, in lizza per succedere a Giorgio Squinzi, la prima sfida è stata subito impegnativa. Del resto è noto che le sorti della corsa a Viale dell’Astronomia si decidono quasi sempre conquistando l’elettorato del Nord. Ma è altrettanto evidente che il giudizio di Marchionne, rigorosamente top secret, non può che avere una influenza nel rush finale anche per il peso simbolico che ha. Del resto tutti i candidati hanno come bussola i principi cardini del top manager: legare strettamente i salari alla produttività, cambiare i contratti, semplificare il quadro normativo e fiscale. A fare gli onori di casa c’era la presidente degli industriali torinesi, Licia Mattioli, mentre a moderare il dibattito ci ha pensato l’economista Giuseppe Berta. Il più determinato, almeno in questa fase, è apparso Marco Bonometti, bresciano doc, alla guida di Omr, 3000 dipendenti e 600 milioni di fatturato, che si occupa di meccanica per automotive. «Non faccio alleanze – ha detto – per arrivare vincitore alla meta, non sono alla ricerca di una poltrona, non mi interessa il voto di scambio, che poi finisce per essere un cappio per le imprese». Confindustria, ha spiegato, non è «un partito politico e tale deve restare. E non mi interessano gli appoggi del Sindacato, che giudico un vero e proprio patto contro natura». Anche Vincenzo Boccia, campano, presidente dei piccoli di Confindustria, ha rivendicato l’autonomia dell’associazione, chiesto di seguire il modello Federmeccanica per i contratti e dato atto al governo di avere avuto un approccio non ideologico, varando Jobs Act e le norme sui maxi ammortamenti. Tutti i candidati hanno ovviamente chiesto di più, perché la centralità dell’impresa è il cardine dello sviluppo del Paese. Tant’è che Aurelio Regina, presidente del Sigaro Toscano ed ex vice di Squinzi, ha sollecitato una svolta sul fronte dei contratti, per «uscire dalla palude e modernizzare le relazioni sindacali». Sulla stessa linea Alberto Vacchi, patron di Ima, che ha assicurato di volersi dedicare a tempo pieno alla nuova carica se verrà eletto. «Fondamentale – ha aggiunto – è valorizzare le filiere. Perchè nonostante la crisi abbia battuto duro, abbiamo ancora decine di aree manifatturiere che ben si posizionano nella competizione globale. Dal distretto dell’elettrodomestico a quello quattro ruote, dal biomedicale, alla lunga filiera del turismo, dai laboratori manifatturieri dell’alta moda a quelli del calzaturiero, e moltissimi altri». Alla fine pacca sulla spalla e stretta di mano di Marchionne solo per Bonometti. Solo un caso si dirà. La corsa è cominciata.