Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 21 Domenica calendario

Sulla gelosia

Giulia Sissa è un’antichista che si è spesso confrontata con la storia della cultura, come in questo libro su un’emozione “vergognosa”: la gelosia. La passione con cui tratta l’argomento fa trasparire, insieme alla vasta e talvolta sorprendente cultura, anche un coinvolgimento personale: il lettore capisce che questo sentimento vilipeso non le è estraneo, e questa coloritura di esperienza dà al suo ragionamento un tocco particolarmente vivo, lo rende appassionante e credibile. 
La gelosia è un istinto naturale o un sentimento dettato dalle condizioni culturali? Dobbiamo vergognarci di provarla o esserne fieri? La questione viene sviscerata a fondo dall’autrice, partendo dal caso emblematico di Medea, che nella tragedia classica è rappresentata in tutta la sua dignità: la gelosia infatti è considerata collera legittima, difesa della propria dignità erotica, perché la collera è una passione di alto livello, una passione aristocratica. Al contrario la commedia greca rappresenta la gelosia come stupida e ridicola, e incita a non prenderla sul serio.
Sarà lo stoico Seneca, nella sua Medea, a condannare senza appello la gelosia, a considerarla passione scatenata dal consenso interiore, passione che invece si deve controllare, cancellare. Medea diventa una tigre barbara, da cui prendere le distanze. Ciò che per un freudiano è rimozione, e quindi nevrosi, per lo stoico è una straordinaria dimostrazione di virtù. Ma sarà il drammaturgo Antonin Artaud, sempre a proposito di Medea, a far emergere l’idea più decisiva della storia della gelosia: l’inconfessabile. La vendetta di Medea per lui non è che ammissione di dolore, di debolezza.
Al termine di una lunga riflessione storica su come sono concepiti i rapporti sessuali e viene codificata la passione erotica nella cultura occidentale da Aristotele a Hegel – dietro alla gelosia c’è tutto questo – Sissa scopre come la gelosia da collera diventi rivalità, e susciti la preoccupazione di oggettificare l’altro, di volerlo possedere come una cosa. La filosofia è oggi assillata dal culto dell’intersoggettività. La condanna della gelosia, infatti, presuppone l’obbrobrio del possesso. Per questo la tradizione di pensiero che più l’ha stigmatizzata è stata il marxismo, per il quale la sua origine è economica, il suo destino si compie nel matrimonio borghese.
La sottigliezza dell’analisi, la profondità culturale del discorso di Sissa vengono meno solo nelle conclusioni, che vorrebbe improntate a uno spirito femminista e aperto. Anche se in fondo si pronuncia chiaramente per una rivalutazione della gelosia amorosa, se rivendica il coraggio delle donne nel confessare l’inconfessabile, se ha il coraggio di scrivere che due esseri sessuali e parlanti possono avere piacere di essere l’uno oggetto dell’altro, l’autrice non va sino in fondo. Cerca infatti di difendere la libertà sessuale, l’adulterio, in sostanza la rivoluzione sessuale, insieme con la gelosia. Senza accorgersi che non è una soluzione ma un’amplificazione del dolore.


Giulia Sissa, La gelosia. Una passione inconfessabile, Laterza, Roma- Bari,
pagg. 296, € 19